di Giulio Ghirelli
Quinta parte / “La burrasca”
La barca aveva preso il largo da un paio d’ore, sotto un cielo con qualche nuvola ambigua -che per Joao, con il sangue dei naviganti, non era un buon inizio di crociera-. E quando prima di partire, lui aveva espresso con gentilezza a Stella come la pensasse, lei gli aveva risposto con pari gentilezza, che il bollettino nautico prevedeva al massimo qualche leggero temporale, niente di preoccupante.
“E poi ho a bordo le mantelle cerate. Ma se proprio venisse il diluvio, ci rintaniamo nella stiva fino a quando passa. E non credo che un lupo di mare come te si impaurisca per due gocce. Del resto, in una crociera di parecchi giorni, ci sta pure qualche temporale. E la barca di mio papà è affidabile, è uscita indenne da più di una tempesta. Sempreché tu ti fidi di me… Tu cosa dici Ilia?” disse Stella.
Ma chiedere un’opinione di quel genere a una donna che non aveva esperienze nautiche, e il mare con le sue variabili burrascose, lo conosceva solamente dalla terraferma -oltre al fatto di non saper neppure nuotare- era una pura domanda di cortesia. Infatti la donna dei fari rispose: “Ma proprio a me lo chiedi? Tu che hai passato metà della tua vita in barca?”.
“Allora sia fatta la volontà del comandante, poiché un umile mozzo cuciniere non si permette di contestare le sue decisioni” disse Joao con una risatina un po’ forzata.
Stella conduceva la barca con una perizia tale, che Joao ne fu sorpreso. Anche perché la sua mente era abituata a considerare il sostantivo navigante soltanto al maschile. E poi, in vita sua, a Madeira non aveva mai sentito parlare di alcuna lupa di mare. E non gli era mai capitato di imbarcarsi su un bastimento sul quale ci fosse una donna al timone. E con una navigante come Stella, si preoccupò un po’ di meno, se in cielo le nuvole si rincorrevano rapide e il mare aveva qualche increspatura.
Stimando che il caicco navigava a circa dieci nodi, e visto che erano in viaggio da un paio d’ore, più o meno avevano percorso venti miglia marine, cioè un po’ meno di quaranta chilometri.
Ma la rotta che aveva preso Stella non era in direzione nord, così da vedere la costa dal bordo sinistro della barca, come previsto dal suo piano di viaggio, ma era scesa verso sud, aveva doppiato il Capo Sparviero, e poi, in prossimità dell’Isola di Sant’Antioco, aveva virato a sinistra e preso il largo in direzione ovest, cioè con la prua che puntava verso le Isole Baleari.
E siccome Stella non aveva fatto alcun cenno a qualche variante dell’itinerario, lui non aveva ben chiaro quale fosse la meta del viaggio. Però aveva pensato che toccasse al comandante dire quali fossero i suoi programmi. Quindi aveva lasciato le due amiche a poppa, una al timone e l’altra di fianco a lei -che ammirava incantata le sue amate onde, che con delle ostili folate di vento avevano preso forza- e si era messo in cabina ad armeggiare con il fornello, visto che era quasi mezzogiorno e doveva rispettare la sua mansione. Scatolette ce n’erano di ogni genere, dalla passata di pomodoro alle sardine sott’olio, alla marmellata. Del resto, un frigorifero per alimenti freschi, su quella barca era impensabile. Però c’era una gran quantità di spaghetti, che scotti e conditi con la marmellata…
Ma il caicco aveva iniziato a ballare, al punto che cucinare non era più la priorità, bensì capire che cosa avesse in mente Stella, che navigava lontano dalla costa in mezzo a quel mare in agitazione.
Appena messa la testa fuori dalla cabina, Joao vide solo Stella che stringeva con entrambe le mani la barra del timone, che con quel mare ci voleva una bella energia per tenerla dritta.
Ilia non era più al suo fianco. “Dov’è?” gridò a Stella, preso da un impulso di inquietudine.
“Le è venuto il mal di mare e le ho detto di andare di sotto a stendersi sulla cuccetta!” gridando pure lei, perché ormai, con il fragore dei marosi, era inutile parlare con tono di voce normale.
Joao andò a fianco di Stella e afferrò pure lui la barra del timone, per aiutarla a governare la barca.
Erano fradici per le schiaffate d’acqua che le onde gli scaraventavano addosso, e a poco sarebbero servite le cerate. Non valeva certo il rischio che uno dei due mollasse il timone per scendere nella stiva a recuperarle. E come se ogni forza della natura avesse deciso di far pagare a questi naviganti il pegno di essere usciti nonostante le avvisaglie alla partenza, il cielo scatenò una tempesta con tuoni e lampi che folgoravano l’aria per poi annegare tra le onde. La tempesta oscurò il giorno, come se invece di mezzodì, fossero nel pieno della notte più tenebrosa. Stella e Joao faticavano a vedersi in faccia in quell’oscurità. Solamente quando un lampo rischiarava il buio come un gigantesco flash, riuscivano a guardarsi negli occhi, che altro non potevano esprimere se non timore, o peggio…
“Dove volevi andare, così lontano da terra? Adesso sarà un bella faccenda tornare” le disse.
“Non vi ho detto nulla perché doveva essere una sorpresa per Ilia. A ventiquattro miglia dalla costa, in direzione delle Isole Baleari, c’è uno spettacolare faro su un isolotto chiamato Scoglio dei naufragi. Si chiama così perché prima di costruire il faro -un’ottantina d’anni fa- hanno fatto naufragio molte barche. Io ci sono stata con mio padre” rispose Stella, che dopo pochi attimi riprese: “Il bollettino meteo non dava burrasche! Reggi tu il timone, io entro in cabina e chiamo la Capitaneria di Porto di Cagliari, perché qui si sta mettendo veramente male!”.
-Sc’iacch!!-. Stella stava per lasciare il timone, quando una saetta centrò in pieno il fanale acceso sul pennone dell’albero della vela, che per fortuna fece da parafulmine, perché se si fosse scaricato sul ponte bagnato della barca, sicuramente avrebbe carbonizzato i due naviganti.
Stella ne fu talmente frastornata, da mollare la barra del timone e aggrapparsi a Joao.
“Presto! Vai al radiotelefono! Ormai la barca è ingovernabile!” gridò lui.
Il pesante caicco in legno di mogano, si sollevava sulle creste delle onde come fosse un fuscello in balia del vento, e poi ricadeva infilando la prua dentro i marosi. Ormai la barca andava per i fatti suoi, il motore era al massimo dei giri, ma non aveva sufficiente potenza e non ce la faceva a tenere la rotta.
E il tempo aveva lo scorrere lento dell’eternità di quell’inferno.
Il boccaporto che scendeva nella stiva si aprì e spuntò la testa di Ilia, con l’espressione terrorizzata.
“Stai lì sotto! E cerca un giubbino salvagente da infilarti!” le comandò Joao aspramente. Un ordine dato con cattiveria, che esprimeva tutta la rabbia per sentirsi impotente di fronte a quel cataclisma, e tormentato dal terrore per la sorte delle due donne, più che per la propria. E Ilia sparì nella stiva.
Il comandante non dava notizie, e Joao urlò verso la cabina: “Stella! Hai chiamato i soccorsi?”.
“Il radiotelefono non va, forse l’ha bruciato il fulmine!!” gridò lei, affacciandosi fuori dalla cabina.
Non c’era più niente da fare, ormai erano in balia di quel mostro marino, e l’unica possibilità che restava, era di infilarsi i giubbini salvagente e poi raccomandarsi l’anima.
“Scendi a metterti il giubbino, e guarda se Ilia è riuscita a infilarselo! E poi prendine uno per me, che non posso mollare il timone, perché se la barca si mette di traverso ci rovesciamo!” urlò Joao. Ma erano solo parole al vento cattivo di quella tempesta, perché lui aveva la certezza che anche con i giubbini, qualora la barca si fosse rovesciata -e prima o poi sarebbe successo- non c’erano giubbini o soccorsi miracolosi che potessero salvarli. E la vorace bocca della burrasca li avrebbe inghiottiti. Joao, come quasi tutti gli esseri umani, non era pronto a morire. Ma era pronto a sacrificarsi, e si sarebbe gettato subito in mare, se ciò avesse potuto salvare le vite di Ilia e di Stella.
E malgrado cercasse di trovare consolazione al pensiero che non era responsabile di quella sciagura -perché anche se non ci fosse stato lui, le due donne avrebbero fatto comunque quel viaggio- non si dava pace. E in quel frangente fluirono lacrime, non per la sua sorte, ma per quella delle amiche.
E con l’intento che la barca si rovesciasse subito, perché l’agonia prima della morte è peggio, tolse le mani dalla barra del timone, in modo che la barca porgesse il fianco a un’onda di traverso.
Nello stesso momento, vide aprirsi il boccaporto della stiva e uscire Stella con indosso il giubbino salvagente, e ne teneva in mano uno anche per lui. Ma proprio allora, una micidiale onda investì la barca fino a farne immergere tutta la prua sott’acqua. Ma lo spirito di sopravvivenza vinse su ogni altra volontà, e Joao impugnò nuovamente la barra del timone. E quando -non per merito suo, ma per uno di quei pietosi miracoli che esistono solo nelle leggende di mare- la barca riacquistò il suo assetto, Stella era scomparsa dal ponte della barca.
“Stella! Stella!” urlò disperatamente lui, con lo sguardo che si rivolgeva in ogni parte del mare. Ma erano invocazioni che non ebbero risposta.
Del resto, l’urlo della bufera avrebbe coperto ben più di una qualsiasi voce umana.
Forse furono le urla di Joao, che fecero apparire Ilia sul ponte della barca. Che capì in un attimo la tragedia che si stava consumando in quell’inferno. E lo sguardo disperato che Joao le rivolse, non fece altro che confermarle ciò che era successo. “Stella! Stella!” si mise a urlare disperatamente lei.
“Torna di sotto!” le urlava lui. Ma erano parole al vento, perché quale essere umano, consapevole della sorte della sua più cara amica, avrebbe potuto tornare a rifugiarsi nella stiva?
Anzi, Joao temette che si potesse gettare in acqua con la vana illusione di riuscire a trovare l’amica. Allora mollò la presa dalla barra e si spinse di due passi fino ad arrivare ad avvinghiare Ilia, e poi la trascinò con sé fino a poppa e la se la tenne abbracciata, e con una mano riafferrò il timone.
E in quell’abbraccio c’erano i sentimenti che in quel momento gli attraversavano il cuore: La paura trasmessagli dal tremore del corpo di Ilia. La consapevolezza del tragico epilogo che quanto prima li avrebbe accomunati. E il desiderio di vivere, che nonostante tutto non voleva abbandonarlo.
Poteva essere stato solo per quel desiderio? Non di certo. Forse il mostro marino si era accontentato del sacrifico di Stella, poiché nel tempo di pochi minuti il mare si placò, come pure il nubifragio. E solamente grazie a un miracolo, che come in un altro dei suoi sogni era avvenuto, poco dopo vide Stella riaffiorare sulla superficie del mare. Ma la cosa più straordinaria, fu che la naufraga, non appena individuò la barca, nuotò con grande destrezza in quella direzione. E non indossava più il giubbino di salvataggio.
Joao era talmente sbalordito, che restò di pietra, e prima di gettarsi in acqua in soccorso di Stella, lei era già aggrappata con una mano al bordo della barca. Nell’altra, teneva una stella marina. Lui si sporse col busto fuori dal bordo della barca, e con la forza che solo la disperazione può dare, sollevò di peso Stella e la tirò sul ponte, e poi la portò di peso sulla brandina.
Ilia era rimasta sulla soglia della cabina, muta e immobile come se fosse in trance, Appena riprese fiato, Stella disse, toccando la stellina appesa al collo: “Mio papà mi raccomandò di non togliermi mai la collana con la stella marina di corallo che mi aveva regalato, perché era il mio portafortuna. Quando sono finita in mare, non avevo ancora allacciato il giubbino, e mi si è sfilato. Allora ho stretto con una mano la stellina. Poi, mentre le onde mi sommergevano, ho visto qualcosa di scuro a pochi metri sotto di me. C’è una secca qui sotto, e su una roccia c’era questa stupenda stella marina rossa. Allora ho pensato che se era arrivata la mia ora, volevo avere in mano una stella marina. Così l’ho presa, e poi ho nuotato con tutte le forze per risalire in superficie, e quando sono tornata a galla ho visto qualcosa di miracoloso, che mai avrei sperato: il mare era tornato calmo.
Joao era sbalordito, solamente un evento soprannaturale poteva aver fatto tutto questo. E mentre era catturato da questo pensiero, Stella si alzò dalla brandina e andò ad abbracciare la sua amica, che con le lacrime che sgorgavano come una fontanella, non le uscivano ancora parole dalla bocca.
Joao, contagiato dal gesto di Stella, le abbracciò entrambe.
“Ilia! Stella!” si mise poi a gridare. Ma stavolta erano grida di felicità.
“Joao… Joao…” sussurrava una voce.
Poi si sentì scuotere una spalla. Aprì gli occhi e capì che era disteso sul letto della sua camera nel resort di Stella.
E poi vide il volto di Ilia, e sentì la sua voce che diceva: “Joao, cosa ti succede? Stai forse male? Dalla mia camera ho sentito che gridavi…”.
“Stavo sognando -le rispose-. Forse il peggior sogno della mia vita… o forse il più bello…”.
Prima parte / “Il guardiano del faro”
Seconda parte / “La donna dei fari”
Terza parte / “Ritorno allo Scoglio della sirena”
Quarta parte / “La donna delle stelle marine”
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