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Scoglio della sirena

Scoglio della sirena

di Giulio Ghirelli 
Quarta parte / “La donna delle stelle marine”

Essere ritornato allo Scoglio della sirena insieme alla pittrice sarda Maurilia Selinas, in arte Ilia, aveva lasciato nell’animo di Joao una grande delusione, poiché si era trattato solo di un sogno.
Però quello che aveva sognato, non era il modo che desiderava come epilogo di quel viaggio.
Certamente il suo desiderio di portare Ilia su quell’isolotto, non doveva finire con un naufragio.
Però, quel sogno gli aveva fatto prendere coscienza di quali fossero i suoi sentimenti per Ilia, come se non lo sapesse già… E il mattino dopo restò a letto -quasi sperasse di riaddormentarsi e tornare in quel sogno, in cui stava cantando la sua ode a Ilia, dopo averla baciata per la prima volta- fino a quando i raggi di sole che penetravano dalla finestra gli infastidirono le palpebre e lo fecero alzare.
Uscì dalla stanza e si fermò sulla soglia del soggiorno. Guardò il quadro di Ilia accanto alla finestra.
Allungò il suo sguardo fino in fondo al molo, sul faro all’ingresso del porto. Era un faro moderno, neppure da confrontare con quello incantevole dello Scoglio Mangiabarche.
Ilia gli aveva promesso di dipingerne uno per lui. Ricordava bene ciò che gli aveva detto: “Quando, e se, tornerai in Sardegna, te ne farò trovare uno simile”.
Erano passati due mesi, ma da Ilia non aveva più ricevuto notizie. Che si fosse dimenticata di lui? Eppure c’erano delle affinità che li accomunavano. E Ilia lo aveva pure ospitato per una notte…
Ma si sa come sono fatti certi artisti. Si immergono talmente tanto nella loro creatività, che perdono la cognizione del tempo e della realtà, e magari bruciano i ricordi come pentolini. Del resto, nemmeno lui si era fatto più vivo con lei, nonostante non se la fosse tolta dalla testa. Ma Joao non aveva esperienza in certe questioni, dato che non era mai stato innamorato. Salvo che per Ilia, la sirena del faro. Ma quella non faceva testo, era tutt’altra storia…
E Ilia, la pittrice, gli era entrata talmente nel cuore, che prese quella decisione: appena possibile, sarebbe salito su un aereo per Cagliari, nonostante il terrore che gli incuteva volare. Non lo aveva mai fatto. Lui era un uomo di mare, e non d’aria.
E aveva deciso di non avvertire Ilia. Le avrebbe fatto una sorpresa, magari con la scusa che era tornato in Sardegna alla ricerca di altri fari.
Quel pomeriggio si era recato all’aeroporto per prenotare un volo per Cagliari, ma quando vide un aereo che atterrava sobbalzando sulla pista di atterraggio, considerò che nessuna burrasca di mare lo poteva impaurire quanto quel velivolo.
Quindi tornò a casa, dove avvertì Enrique, il suo vicino, che l’indomani sarebbe partito per un altro giro in Sardegna. In auto. Molto meglio 1600 chilometri, due traghetti e quattro giorni di viaggio, piuttosto che sette ore su un traballante aereo.
Per la sua filosofia di navigante, che dice: si sa quando si parte ma non quando si torna, se si torna, riempì valigia e bagagliaio con così tanta roba, che non ci entrava più neanche uno spillo.
Però era riuscito a farci entrare uno dei suoi pentolini. Era più nelle sue corde presentarsi davanti alla porta di casa di Ilia col pentolino in mano e recitarle: “Gentilissima signora, ero sdraiato sulla spiaggetta qui sotto, quando…”, piuttosto che dirle: “Sono tornato perché volevo tanto rivederti”.
Dopo il lungo viaggio, arrivò finalmente quasi a destinazione. In ritardo sulla sua tabella di marcia, dato che lungo la strada litoranea che scendeva all’Isola di Sant’Antioco aveva bucato una gomma, e dovette estrarre dal bagagliaio tutta la sua roba per cambiare la ruota, che si rivelò mezza sgonfia, poiché, a differenza della barca, era già tanto se all’auto guardava il livello dell’olio. Così gli toccò di guidare adagio fino al primo distributore di benzina per gonfiare la gomma e fare riparare quella bucata. E alla fine di tutto, si erano fatte quasi le sei di sera, e da lì, per arrivare fino a casa di Ilia, ci sarebbe voluta un’oretta. Non era il caso di presentarsi all’ora di cena senza averla avvertita. Perciò guidò fino ad arrivare un poco più a sud della casa di lei e cercò un Hotel dove pernottare.
L’indomani, lavato e stirato -e fresco come un merluzzo appena pescato-, avrebbe bussato alla porta di lei col pentolino in mano, e: “Gentilissima signora…” eccetera…
Pensava di dover bussare a diverse porte, prima di trovare una camera, poiché immaginava che in Sardegna, ai primi di ottobre, fosse ancora stagione di turismo. Invece trovò una camera al primo tentativo in un albergo che aveva un nome, che più significativo di così… Hotel Luci del Faro.
Data la stanchezza e l’ansia di rivedere Ilia, aveva poco appetito, e risolse la cena con una piccola porzione di fritto di mare e un’insalata. Poi raggiunse la sua camera e si sdraiò subito sul letto.
Senza nemmeno darsi una sciacquata in faccia. L’indomani si sarebbe lustrato a puntino, prima di andare a lustrarsi gli occhi alla visione della pittrice.
Alle sei del mattino era già pronto per partire, ma non gli pareva il caso di arrivare a casa di Ilia alle sette. Allora la tirò in lungo facendo una colazione lunga dopo il solito caffè corto, e guardando alla televisione le notizie del telegiornale. Due volte, quello delle sette e quello delle otto. Poi partì.
Poco prima delle nove era davanti al vialetto d’ingresso della casa di Ilia. Ma se fosse stato ancora troppo presto?… Allora tirò le dieci andando avanti per qualche chilometro a gustarsi il paesaggio marino dalla strada panoramica, e poi alle dieci in punto fermò l’auto al posto dove l’aveva lasciata la volta scorsa. E dove, poco distante dalla sua, Ilia parcheggiava la propria. Ma l’auto non c’era.
Lo assalì il pensiero che la pittrice non ci fosse, ma forse aveva parcheggiato altrove…
Levò il pentolino dal bagagliaio e si diresse all’ingresso del vialetto, chiuso da un basso cancelletto di ferro battuto, con a fianco il bottone del campanello. Ma che sorpresa sarebbe stata, se avesse suonato e Ilia fosse arrivata fin lì? Quindi scavalcò il cancelletto, percorse il vialetto fino a giungere davanti alla porta della casa, e poi bussò. Ma nessuno si presentò ad aprire. Bussò di nuovo. Niente.
A quel punto era evidente che la pittrice era fuori casa. Aspettò gironzolando nel giardino e poi si sedette in attesa su una delle seggiole di ferro, ammirando il faro dello Scoglio Mangiabarche, che con le luci del mattino e la schiuma della risacca che si frangeva sullo scoglio, era una gran veduta.
Sembrava che il tempo si fosse fermato davanti a quel paesaggio, invece quando guardò l’orologio, mancava poco a mezzogiorno. Quanto avrebbe dovuto aspettarla ancora? Ammesso che tornasse…
Allora archiviò l’idea dell’effetto sorpresa del pentolino e levò da tasca il telefonino.
“Sono davanti a casa tua” le disse appena lei rispose. E non c’era bisogno che Ilia chiedesse chi era che la chiamava, dato che il nome di Joao le era apparso sullo schermino del telefono. Ma la frase di lui l’aveva lasciata di stucco, al punto che gli aveva chiesto scioccamente: “A casa mia dove?”.
“Quante ne hai?” aveva risposto scherzosamente Joao, però con un dubbio: Ne aveva forse altre?
Qualche secondo di reciproco silenzio. Lei confusa per la sorpresa, e lui con la paura che gli dicesse che era dall’altra parte del mondo a dipingere un faro. Invece gli disse che era a Capo Sparviero, uno dei punti più a sud della Sardegna, a casa della sua più cara amica, che viveva in quel luogo.
“Però non rientro a casa, mi fermo qui perché stiamo preparando i bagagli per domani, dato che partiamo per una crociera intorno all’isola con la barca della mia amica”.
A Joao gli prese un tale sconforto, che gli mancò il fiato per dire qualcosa, e pure per respirare.
Sentì bisbigliare, forse le due donne stavano confabulando tra di loro, e poi: “La mia amica dice se  ti va di imbarcarti con noi. Stiamo via otto giorni”. “E ci serve giusto un mozzo!” aggiunse ridendo.
A lui parve di sognare: “Come arrivo fin lì?”. “Prendi la strada statale 195 verso sud, passi Teulada e arrivi a Domus de Maria. Ti aspetto lì, perché poi è complicato, la mia amica vive in un faro”.
“Quanto tempo ci vuole per arrivare fino a Domus de Maria?”. “Da casa mia, in un’ora e mezza ci arrivi, sono una settantina di chilometri”.
“Volo!” esclamò Joao, dimenticando che per lui, quel verbo era innominabile.
“A Domus de Maria chiedi dov’è il bar La Conchiglia, ti aspetto lì” disse Ilia prima di salutarlo.
A quel punto, Joao, visto che la sorpresa che voleva fare alla pittrice era archiviata -mica poteva presentarsi a casa dell’amica di lei col pentolino in mano…- lo lanciò con vigore in direzione della spiaggetta sottostante. E poi, in quattro balzi raggiunse la sua auto. Senza porsi il problema se nella caletta ci fosse un altro povero diavolo che si prendeva in testa un pentolino.
-Magari gli porta fortuna come l’ha portata a me…- pensò ridacchiando, mentre, dopo avere acceso il motore partiva in quarta verso il sud dell’isola. E chiedendosi se anche questa combinazione di un’altra persona legata ai fari, fosse soltanto una coincidenza, o fosse un altro disegno del destino.
-Chissà che tipo è questa amica di Ilia? Perché una che vive in un faro…- si chiese Joao, mentre percorreva la statale a 80 all’ora, ignorando il cartello del limite dei 50, e facendo spallucce a un altro che diceva: Controllo Elettronico della Velocità. -Se anche fotografano la targa, quando mai la multa arriva fino a Funchal- pensò, mentre pigiava ancora di più il piede sull’acceleratore.
Ci mise molto meno di un’ora e mezzo, e poco dopo le 13 finalmente rivide Ilia davanti al bar.
E gli parve ancor più affascinante. Di certo il desiderio di rivederla aveva contribuito. Si diedero un formale abbraccio -troppa gente in giro- e poi lei gli disse di seguirlo con la sua auto a uno spiazzo. “Al faro non c’è parcheggio” disse lei. Arrivarono alla piazzola e posteggiarono.
“Porta solo il necessario per la notte, perché da qui si va a piedi”. Lui tolse dal baule quattro cose e poi percorsero una stradina sterrata per un’ottantina di metri e arrivarono al faro di Capo Sparviero.
Era diverso da come se lo figurava Joao, cioè la classica torre. Era invece una grande struttura fatta a cubo, e al centro del tetto si ergeva una torre quadrata. Da lì, il paesaggio marino era un sogno. Ciò che lo stupì, fu la targa in fianco alla porta d’ingresso, su cui si leggeva: Resort Stella marina.
“Un albergo in un faro?” chiese Joao . “Entriamo, lei ci sta aspettando, poi ti spiegherò” rispose Ilia.
La lei li aspettava appena dentro, in un salone arredato con oggetti e arnesi di mare.
“Ben arrivato! Hai volato lungo la strada!” gli disse la padrona di casa, una signora pressappoco dell’età di Ilia, con un viso dallo sguardo dolcissimo e i capelli color del rame.
E al collo portava un laccetto di cuoio con appeso un corallo di colore rosa pallido, a forma di stella marina, che sulla pelle ambrata risaltava splendidamente.
-Bella persona!- pensò Joao, e già il fatto che gli avesse dato del tu, gli piacque ancor di più.
“Sono Joaquim, detto Joao” disse lui. “Lo so già, Ilia mi ha parlato molto di te, al punto che mi pare già di conoscerti. Io sono Stella, anche se il mio vero nome è Asterìas. “Nome strano” fece Joao.
“Ti racconterò… Adesso Ilia ti mostra la tua camera, così puoi sistemare le tue cose” disse Stella.
E mentre la pittrice gli faceva strada, Joao, che non resisteva alla curiosità, le chiese lumi sullo strano nome della sua amica. “Andiamo nella tua camera, cosi ti spiego”. E quando furono nella stanza, si sedettero su due poltroncine, e Ilia raccontò: “Costantin, il papà di Stella, era un pescatore greco che perse la moglie nel partorire la figlia. Come era desiderio della moglie, che era nata in una piccola isola chiamata Delo, alla figlia diede nome: Asterìas. Nella mitologia greca, Asteria era una divinità che per sfuggire alle avances di Zeus, si gettò in mare, e Poseidone, per salvarla dalla caccia di Zeus, la trasformò in un’isola, cioè Delo. Rimasto solo con la figlia, Costantin decise di raggiungere la Sardegna, dato che aveva saputo che nella costa nord-ovest dell’isola, nei pressi di Alghero, vi erano dei fondali ricchi di corallo molto pregiato. Coi pochi risparmi, comprò una barca che potesse affrontare il viaggio, un caicco di nove metri, un’imbarcazione tipica del mare Egeo, a cui diede il nome di Asteria, la divinità mitologica, e con la figlia attraversò il Mar Ionio e giunse in Sardegna. L’attività di pescatore di coralli di Costantin andava bene, e quando Asterìas ebbe l’età giusta, le insegnò a scendere sui fondali con lui. E lei divenne capace al pari del padre. Però non portava in superficie solo coralli. Talvolta risaliva con una stella marina, perché ne era ammaliata. Così, quando Costantin trovò un bel corallo del colore delle stelle marine, lo fece lavorare da un corallaro con quella forma, e ne fece una collana che donò alla figlia, dicendole che quel monile le avrebbe portato fortuna per tutta la vita. E portò fortuna anche a Costantin, che guadagnò il danaro sufficiente per smettere con quel lavoro, e comprò il faro di Capo Sparviero, che era ormai in disuso, e lo trasformò in un albergo. Quando il padre morì, Asterìas proseguì l’attività”.
“Ho un po’ di confusione in testa -disse Joao- una volta dici: Asteria, un’altra Asterìas…”.
“Asteria è la divinità trasformata da Poseidone in isola -Delo-. Ma la mamma desiderava che la figlia avesse il nome di ciò che per lei era la più bella creatura del mare: la stella marina, che in greco si dice Asterìas. Ma lei preferisce farsi chiamare Stella, così non deve spiegare a tutti quelli che glielo chiedono, il significato del suo vero nome. E ora io le ho risparmiato di doverlo spiegare a te”. Poi proseguì: “Siccome il padre le aveva insegnato a navigare, lei fece restaurare a nuovo il caicco e appena ha mezza giornata libera, si mette in mare alla ricerca di stelle marine. Adesso non le tira più fuori dal mare. Le fotografa nel loro habitat e poi le riproduce dipingendo dei bellissimi quadri. A fine settembre ha chiuso la stagione turistica e ha pensato di fare un viaggio con la barca fino a nord dell’isola, dove dicono che su quei fondali si trovino le più belle stelle marine. Lei è single come me, e partire da sola per diversi giorni non le va, e allora mi ha proposto di andare con lei. Io non sono una navigatrice, e non so nemmeno nuotare, però l’idea di vedere i fari da un’altra prospettiva mi attrae molto. E poi mi fido di Stella, perché è cresciuta in mare. Vedremo diversi fari che io ho visto solo dalla terraferma. Lei farà fotografie alle le stelle marine e io ai fari”.
“Magari la tua amica è amante dei fornelli come te… perché voi artiste…” disse Joao ironico.
“Siamo identiche! Per il resort ha uno chef, e lei è già tanto se riesce a non bruciare un pentolino!”.
“Adesso ho capito il motivo per cui siete molto in sintonia… mi viene il sospetto che mi abbiate offerto di imbarcarmi con voi non solo come mozzo, ma pure come cuciniere!” ridacchiò lui.
Quando Ilia e Joao tornarono nel salone, Stella era seduta a un tavolo a esaminare le mappe per la crociera, e informò lui sul programma di viaggio. L’indomani si sarebbero recati in auto al porto di Capoterra, distante una quarantina di chilometri, dove Stella teneva ormeggiata la sua barca.
Avrebbero fatto i vari rifornimenti e poi mollato gli ormeggi.
“Non abbiamo tabelle di marcia da rispettare -disse Stella- ci fermeremo dove e tutte le volte che vogliamo, e quando viene sera, troviamo una caletta e gettiamo l’ancora per la notte. E magari Joao rimedia qualche pesce e ci fa una bella grigliata sulla spiaggia”.
“Questo e altro, per due graziose gentildonne” rispose lui facendo un magistrale inchino.
“Ma come l’hai trovato un simile gentiluomo?” chiese Stella all’amica.
“Te l’ho già detto! Con un pentolino carbonizzato!” rispose lei con una calda risata.
Poi la donna delle stelle marine spiegò a Joao come era predisposta la barca: nella stiva vi era un piccolo vano che ospitava un wc chimico e un lavabo, e a prua c’era una cabina con due cuccette.
Lì avrebbero trovato alloggio le due donne, mentre lui si sarebbe sistemato sulla branda nella cabina sul ponte della barca, dove c’era anche uno spartano fornello per cucinare.
“Così quando vogliamo la colazione a letto, ti facciamo un fischio e tu sei già lì pronto ai fornelli” disse Ilia fintamente seria. Poi, con reale serietà: “Però non ti abbiamo ingaggiato solo come cuoco. Ho raccontato a Stella di te e della tua esperienza di navigante, e quando oggi ha sentito del tuo ritorno, è stata felice di invitarti in questa crociera. Con un uomo di mare a bordo, visto che io come marinaio valgo poco, si sente più tranquilla in questo viaggio impegnativo. Non si sa mai…
L’itinerario era il seguente: il caicco avrebbe navigato lungo la costa orientale della Sardegna, fino ad arrivare al nord dell’isola, dove ci sono i fari di Capo d’Orso, di Capo Ferro e di Punta Palau.
Infine avrebbero raggiunto il faro delle isole di Corcelli, nell’Arcipelago della Maddalena. Stella aveva saputo che lì c’erano dei banchi di sabbia con delle meravigliose stelle marine. Il ritorno lo avrebbero fatto navigando lungo la costa ovest dell’isola, fino ad Alghero, dove a due miglia dalla costa, Stella avrebbe fatto un’immersione in memoria di suo padre, che su quei fondali aveva passato una parte della sua vita insieme a lei nella pesca dei coralli.
Poi di nuovo in navigazione verso sud, fino ad arrivare davanti al faro dello Scoglio Mangiabarche, la ciliegina sulla torta della crociera. Infine avrebbero doppiato Capo Sparviero e sarebbero rientrati al porto di Capoterra.
“Cosa ne dici, lupo di mare?” gli chiese Stella. “Eccezionale! In vita mia, mai avrei immaginato di vedere una stella marina immergersi per andare a trovare le sue sorelline!” esclamò Joao.
“Però non possiamo correre il rischio di prenderti a bordo senza alcuna referenza…” disse Stella con aria diffidente.  “Sarebbe a dire?” chiese Joao, risentito da quella mancanza di fiducia.
“Sarebbe a dire che, siccome il resort è chiuso e non c’è il cuoco, stasera potresti darci una prova delle tue qualità culinarie, così poi decidiamo se imbarcarti con noi oppure no” disse Stella ridendo.
Allora Joao capì lo scherzo e chiese, con un inchino: “Le signorie vostre hanno delle preferenze?”.
“Cucina e dispensa sono in fondo al corridoio, fate voi, caro gentil-chef ” disse la padrona di casa.
Quando giunse il momento di mettersi ai fornelli, Joao trovò nel freezer un trancio di merluzzo, che per un portoghese, il merluzzo congelato… Però si fece forza, e dopo averlo scongelato, lo tagliò a cubetti. Poi tagliò delle patate e delle cipolle a rondelle sottili, e dopo averle fatte dorare con olio di oliva, vi aggiunse il merluzzo e fece cuocere a fuoco vivo per mezzo minuto. Mise in un vassoio la pietanza e poi la guarnì con olive nere e prezzemolo. Portò il vassoio in tavola, dove le dame erano ad attenderlo, e disse: “Aqui senhoras: Bacalhau à Bráz”. Anche se la ricetta non era proprio così…
Le due amiche, grazie anche a un Vermentino di Gallura, gradirono molto. E Joao fu ingaggiato.
Ma lo avrebbero preso a bordo anche se avesse fatto degli spaghetti scotti conditi con marmellata.
Perché erano attratte da lui per quella sua caratteristica non comune nei lupi di mare: la timidezza.



Prima parte / “Il guardiano del Faro”

Seconda parte  / “La donna dei fari”

Terza parte  / “Ritorno allo Scoglio della sirena”

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