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Regalo di compleanno

Regalo di compleanno

di Giulio Ghirelli

Mon amour, stamattina mentre facevamo colazione, mi guardavi con aria di chi si aspetta qualcosa, e siccome io ero con la testa tra le nuvole, mi hai detto: “Romeo, tu pensi che oggi avrei il fiato per spegnere settanta candeline?”.  “E perché oggi dovresti spegnere settanta candeline?” ti ho chiesto.
“Indovina…” hai detto. E io: “Non dirmi che oggi…”. E tu: “Se preferisci, lo scrivo sulla lavagnetta della spesa: Oggi 70 ”.
Cribbio! Che smemorato! Però ho rimediato con un bacio come quelli che ci davamo una volta.
E’ durato almeno dieci secondi! Ho dovuto darti due pacche sulla schiena per farti tornare il fiato…
Poi mi sono messo soprabito e cappello, e ti ho detto: “Esco un attimino a prenderti un pensierino”.
Quindi mi sono recato fino in centro città a perlustrare le vetrine per trovarti un bel regalo.
In una gioielleria di Via Montenapoleone, c’era esposto un anello con un brillante da settanta carati -grosso quanto una noce- e ho fatto questo ragionamento: Dato che non ti ho mai regalato nemmeno un brillantino, mi pare più che doveroso, per questi tuoi settant’anni, regalartene uno che abbia il medesimo numero.
Allora sono entrato a chiedere il prezzo, e quando il gioielliere me lo ha comunicato, sono rimasto fulminato come se avessi preso una scarica da diecimila volt.
Il gioielliere, un signore ben disposto, vedendomi frastornato mi ha detto: “Siccome lei mi sembra una persona a modo, le faccio una proposta eccezionale: mi dà mille euro di acconto, e il resto me lo paga in piccolissime rate da dodicimila euro al mese per cinque anni.
Urka, com’è disponibile questo gioielliere! ho pensato.
Ma mentre stavo facendo due conti, mi è venuto un dubbio: visto che non ti levi gli anelli neanche quando ruspi in giardino con le mani nella terra, non è che quella noce ti si sfila dal dito e finisce sotterrata? Che dalla noce di brillante mica cresce la pianta…
Allora ho detto al signore ben disposto che dovevo pensarci su un attimino.
Ho fatto un giretto in Corso Vittorio Emanuele e mi sono fermato davanti a una pellicceria.
Siccome so quanto desideri indossare un morbido pelo animale, sono entrato e ho messo gli occhi su una pelliccia di zibellino siberiano che sembrava fatta apposta per te.
La pellicciaia, una signora snob, mi ha detto che la pelliccia -una botta da ottantaduemila euro- è un’occasione unica, dato che non se ne producono più, per il fatto che questa razza di zibellino è diventata una specie super protetta, poiché questi poveri animaletti sono in via di estinzione.
Ma mentre stavo facendo due conti, sono stato preso dall’inquietudine, al pensiero del rischio che correvate, tu e lo zibellino, qualora vi foste imbattuti in uno di quei gruppi di animalisti scalmanati che lanciano le uova.
Allora ho detto alla signora snob che dovevo pensarci su un attimino.
A questo punto, con tutte ’ste paranoie, mi sentivo un po’ depresso, e per tirarmi su di morale ho fatto quattro passi fino alla concessionaria Auto Vip -che hanno le auto più esclusive della città- e c’era nel salone il regalo giusto per te: un Suv che piace tanto a me. Non so se hai presente, è quella marca che ha lo stemma a corna di alce. Il venditore mi ha detto il prezzo: che sberla! Però…
Ma mentre stavo facendo due conti, mi è venuta la preoccupazione di come potrebbe turbarti quello stemma, dato che tu, invece di considerare tutte le qualità di un’auto, ti perdi in certi insignificanti dettagli. Tanto per fare un esempio, di come critichi la mia vecchia e affidabile Audi, perché dici che lo stemma dei quattro anelli è copiato da quello delle Olimpiadi -che invece sono cinque…-.
Io gliel’ho chiesto al venditore della Auto Vip, se poteva togliere lo stemma dalla mascherina, dal cofano posteriore, dai cerchioni delle ruote, dal pomello del cambio e dal volante.
“Perché non vorrei che la mia signora si turbasse per via delle corna di alce” gli ho spiegato.
Ma da come mi ha squadrato lui, ho avuto l’impressione che pensasse che certi vecchi bacucchi nullafacenti, invece di far perder tempo alla gente che lavora, sarebbe meglio che andassero a dare il becchime ai piccioni in piazza del Duomo, oppure a leggersi il giornale sulle panchine del parco.
Mi ha fatto un frettoloso saluto, mi ha girato le spalle ed è andato a rinchiudersi nel suo ufficio.
Senza darmi il tempo di dirgli che dovevo pensarci su un attimino.
Allora, avvilito e con la testa confusa, ho pensato che era meglio che prendessi la strada di casa.
E dato che non avevo voglia di farmela a piedi, ho preso il tram.
Ma dopo qualche fermata, sono scesi tutti e il tram non è più ripartito. E siccome io restavo seduto al mio posto, il tramvière mi ha invitato a scendere.
“Ma io devo scendere a Porta Genova…” gli dico.
“Signore, siamo arrivati al capolinea. Per Porta Genova doveva prendere quello che va in direzione contraria” mi dice lui.
“Ma questo non torna indietro?” gli chiedo.
“Sì, ma tra quaranta minuti”.
E così, per smaltire il nervoso, mi sono fatto tutta la strada a piedi. E quando sono arrivato davanti al portone di casa e ho visto quel tipo col grembiule da portinaio, mi sono innervosito ancora di più.
Per il fatto che tu non mi dici mai niente di quello che succede in questo benedetto palazzo.
Neppure che c’è un portinaio nuovo. Oltretutto un tipo molto diffidente. Pensa te, mi ha squadrato da capo a piedi e mi ha chiesto dove andavo!
“A casa mia” gli ho risposto.
“A casa sua dove?” chiede lui.
“Al quarto piano, dove c’è l’appartamento del signor Righelli ragionier Romeo, che sarei io, fino a prova contraria!” gli ho risposto, secco e scocciato.
“Al quarto ci stanno i Tagliaferri e i Fumagalli. E comunque, io non la conosco” dice risoluto lui.
“Senta -gli dico io, cercando di mantenere la calma- d’accordo che lei è nuovo, ma farebbe bene a mettersi in testa i nomi, nonché le relative abitazioni, degli inquilini che stanno in questo dignitoso palazzo di Via Sempronio 52”.
“E’ lei che forse ha un po’ di confusione in testa. In primis, perché io faccio il portinaio qui da ben otto anni. Inoltre, perché questo è il numero civico 38, e non il 52” mi risponde lui, alzando il dito e indicando la targa del portone. E guardandomi con un’aria che mi ricorda quella del venditore della concessionaria Auto Vip.
Ma sia chiaro, mon amour, che non te ne faccio una colpa, se per il tuo regalo ho certi travagli che mi ingarbugliano la mente fino al punto di sbagliare portone. Che poi era quasi uguale al nostro…
Finalmente arrivo davanti alla nostra casa e mi scappa l’occhio sul marciapiede di fronte.
Bingo! Ce l’avevo lì davanti la soluzione!
Sto per attraversare la strada ed entrare nel negozietto della fiorista, e invece mi blocco di colpo, poiché mi lampeggia nel cervello un allarmante dubbio: Ma alla fioraia, che in tutti questi anni mi ha visto entrare nella sua bottega forse una dozzina di volte a comprare un mazzolino di margherite, non sarà che le prende un coccolone, se entro a comprare un mazzo di settanta rose rosse?
E ti pare che io voglia far correre un rischio del genere a quell’anziana signora?
Insomma, mon amour, mentre salivo al quarto piano, ero molto tribolato al pensiero di dirti che ero senza il tuo regalo di compleanno. E tu l’hai capito non appena ho messo piede dentro casa, che ero troppo giù di corda. E per risparmiarmi altri patimenti, con la tua amorevole comprensione mi hai detto: “Come regalo mi darai settanta baci come quello di stamattina”.
Con immensa gioia, mon amour.
Ma un poco per volta, perchè alla nostra età non abbiamo più tutto quel fiato…

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