di Giulio Ghirelli
-Il tempo è passato anche per lei, però i suoi occhi verdi sono ancora belli come trent’anni fa- pensa Romeo guardando il viso di Clara, mentre, seduti uno di fronte all’altra, cenano nella solitaria locanda abbarbicata a mezza costa sopra Gravedona, sul Lago di Como.
Trent’anni…
Non gli pare vero che dopo tutto questo tempo -una vita- si possano essere ritrovati. Però cosa pensava di trovare? La bella signorina che gli era entrata nell’anima trent’anni prima? E nemmeno lui è più l’alto e snello giovanotto biondo che aveva rapito il cuore di Clara. Adesso è un vecchio cimelio senza capelli, con un’ispida barba e molti chili in più.
E non ha ancora capito bene quale effetto avesse fatto a Clara la sua metamorfosi, perché appena si erano rivisti, lei non aveva fatto alcun commento sul suo aspetto, e lo aveva guardato con un’espressione che lui aveva interpretato come di nostalgia. Forse nostalgia di un antico amore.
“Non avrei mai pensato di rivederti” aveva detto lei, quando era scesa dal treno che l’aveva portata in quel paese sul lago, dove lui si era ritirato a vivere. “Non ti ho mai dimenticata” aveva risposto Romeo.
E dicendo quelle parole aveva sentito un fitta al cuore. Perché anche i bastardi hanno un cuore… Sì, proprio un bastardo, perché aveva buttato al vento uno dei beni più belli che avesse potuto ricevere dalla vita. E per cosa? Per quel viziaccio di correre dietro ad ogni sottana disponibile. Avventure che gli avevano lasciato solo degli sbiaditi ricordi. Mentre l’immagine di Clara era sempre rimasta nitida.
E quante volte in questi trent’anni avrebbe voluto cercarla, e chiederle perdono per averle rubato quei preziosi cinque anni di vita, e forse non solo quelli… Già tante volte Clara lo aveva perdonato. Tutte le volte che dopo ogni sbandata, lui tornava da lei a capo chino. Fin quando non era più tornato…
E più passavano gli anni, e più si convinceva che era un’assurdità pensare ancora a lei, sperare di ritrovarla. Che senso aveva? Forse aveva un marito, dei figli… forse era morta…
E così si era trovato, a sessant’anni suonati, a fare i conti di notte con la propria coscienza, e a riempire di inquietudini quel letto troppo grande per una persona sola. Fin quando, in una di quelle notti inquiete, aveva preso il coraggio. Si era alzato, aveva acceso il PC, si era collegato a Internet e aveva cercato sugli indirizzi telefonici quello di Clara. Senza speranza, perché lei poteva avere cambiato indirizzo, addirittura città, o non avere più la linea telefonica fissa. Ormai hanno tutti il cellulare.
Invece sullo schermo del PC era apparso nome e cognome, stessa città, stessa via. Come se il tempo si fosse fermato in quel luogo ai tempi della loro storia.
Romeo aveva annotato il numero telefonico col cuore che gli martellava nel petto, mentre una fioca luce annunciava l’alba. Altre ore di inquietudini, fino a metà giornata, chiedendosi se era veramente il caso di comporre quel numero telefonico, e cosa avrebbe potuto a dire a Clara, e cosa avrebbe risposto lei. Se avesse risposto …
“Riconosci la mia voce?” era riuscito a dire, senza dubbi che fosse lei che aveva detto: “Pronto?”. E quando Clara, che aveva riconosciuto la voce di Romeo, gli aveva detto con tono allegro: “Ma sei proprio tu?” lui aveva avuto la certezza che nella vita non si deve mai dire mai…
Nei giorni successivi si erano telefonati varie volte, rievocando i vecchi tempi e raccontandosi le tappe di tutti quegli anni trascorsi. Alla fine dei quali, si ritrovavano entrambi senza un legame affettivo.
“Sarei felice di rivederti, perché non vieni sul lago?” le aveva proposto in una di quelle telefonate. “Anche se porto bene i miei anni, non sono quella di trent’anni fa, il mio viso ha parecchie rughe, una per ogni tuo tradimento” aveva risposto ironicamente lei. Ma questa sera, seduti uno di fronte all’altra, mentre cenano in questa solitaria locanda, Romeo ha la certezza che Clara, anche con quelle rughe, è sempre bella.
E’ quasi mezzanotte quando escono dalla locanda. Invece di scendere sulla statale del lago, l’auto imbocca la strada che sale alla chiesa di Sant’Eusebio. Arrivati sul piazzale della chiesa, lui la invita a scendere dall’auto per ammirare il panorama, e intanto si affianca a lei.
Questa notte la valle mostra uno straordinario spettacolo. La luna buca un cielo di antracite e va a intingere la sua luce nel lago, che sembra un calamaio di inchiostro fluorescente. Gli scuri crinali delle montagne spiccano nel sipario del cielo, e le case dei paesi sembrano infuocate dalle luci dei lampioni.
A bassa voce, come se parlasse solo a sé stesso, lui dice: “Se dovessi tenermi nel cuore una sola immagine della mia vita, sarebbe quella di noi due, stanotte, in questo scenario”.
Poi con un braccio le cinge il fianco.
Il cuore di lei ha preso a battere forte, perché quell’abbraccio risveglia sentimenti profondi, di amore e di dolore. E sarebbe proprio il momento dirglielo, che certe ferite lasciano segni indelebili. E vorrebbe anche dirgli che non è riuscita ad avere altri amori, perché il suo cuore se l’era portato via un bastardo.
E se riuscisse a manifestargli tutto quello che si è tenuta dentro per trent’anni, poi forse sarebbe disposta a farsi abbracciare. Ma non riesce a parlare, perché c’è un groppo che le attanaglia la gola, un magone che porterebbe lacrime. E lei non vuole più piangere per un bastardo. Gli occhi di lui stanno guardando i suoi, e lei vorrebbe rivolgere lo sguardo altrove, perché teme che stanotte i suoi occhi la tradiscano. Vede le labbra di Romeo avvicinarsi alle sue, e lei vorrebbe dirgli che ormai è passata troppa acqua sotto i ponti.
Scostando un po’ il viso, potrebbe schivarlo quel bacio…
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