di Josè Van Roy Dalì
La Logica, la Verità, la Menzogna, l’Insolenza, la Rabbia, l’Invidia, la Stupidità e la Fantasia, abitavano sul medesimo pianerottolo di uno stabile, condividendo quotidianamente i diversi momenti della loro convivenza…Un bel giorno però, la notizia dell’arrivo di un nuovo inquilino, che avrebbe abitato stabilmente la mansarda per i prossimi cinque anni, condividendo usi e consumi del condominio…mise in grande subbuglio ogni condomino.
E le domande senza risposta più frequenti…cominciarono a tormentare le sensibili anime. Chi era il nuovo inquilino?…Da dove proveniva?…Perché all’improvviso aveva deciso di di trasferirsi lì?…Di cosa si sarebbe occupato?…e soprattutto: come si sarebbe comportato?…Il suo cognome, al solo pronunciarlo…sembrava presago di preoccupanti quanto stravaganti accadimenti: La Follia.
La Rabbia, prese immediatamente la parola e disse: Ma come si permette questa pezzente. Trasferirsi qui, in mezzo a questa bella gente, senza prima implorare il nostro permesso. Ma dico io!
Subito insorse anche la Stupidità, denotando la sua abituale frivolezza: Immagino già il suo minuscolo quoziente intellettuale, non vedo l’ora di vederla in faccia questa spudorata.
La Logica, si limitò ad un suggerimento di circostanza dicendo: aspettiamo di vedere prima il suo aspetto, ascoltando le sue ragioni e valuteremo il da farsi.
Ma l’insolenza non sembrò affatto d’accordo con i più moderati e mostrando l’apice della sua alterigia, quasi soffiando come un serpentello di campagna disse: Cosa vuole sta’ pazza?… andasse a portare le sue flaccide pudende presso l’ospizio del Cottolengo…invece di disturbare noi persone per bene.
Anche l’Invidia si mostrò d’accordo dicendo: Ne ho sentite delle belle sul suo conto… sembra che, secondo quel che mi è stato riferito…passi il suo tempo a chiedere denaro a destra e a manca…anche per futili motivazioni.
Così, anche la Verità, sostenuta dalla Logica…non mancò di emettere la sua naturale considerazione: Siete a dir poco prevenute…e in totale malafede…ritengo assolutamente inutile nascondermi sotto il mattone per i vostri subdoli interessi. Io vengo sempre a galla prima o poi… e con la complicità dei miei soci principali…i fatti oggettivi…io sarò sempre in grado di poter affondare definitivamente e in ogni momento, qualsiasi vostra malefica intenzione.
Quasi immediatamente insorse la Dabbenaggine, che abitava nella mansarda vicina e si sarebbe trovata la nuova intrusa come dirimpettaia: “Ci penserò io a sistemarla come si deve”. Si collegò immediatamente al suo passatempo quotidiano e cominciò a sguazzare tra le pagine colorate del mondo telematico di fb…quasi immediatamente, emise uno vocalizzo tra l’ isterico e il trionfante che le si arrotolò in gola: “L’ho trovata!” Poi riprendendo fiato come un mantice in agonia esclamò: “Le chiedo immediatamente l’amicizia!” Un semplice click e la Dabbenaggine si rilassò soddisfatta, restando in trepida attesa dell’accettazione…in uno stato ansioso del tutto simile ad un preludio da presa della Bastiglia. La Follia, accettò quasi immediatamente l’amicizia offerta dalla Dabbenaggine…dando modo a quest’ultima di colmare ogni lecita curiosità.
Dopo qualche ora di tempo, una volta passato al setaccio ogni millimetro quadrato della nuova amicizia virtuale, dalla gola sguaiata della Dabbenaggine fuoriuscì un urlo disumano come i suoi pensieri, ed ebbe iniziò una messa in scena ad uso e consumo di tutto il condominio. ” Ma questa signora la conosco benissimo.” ” Eravamo compagne di scuola dai tempi delle elementari”.
La Logica intervenne prontamente con una prima piccola obiezione: “Ma scusa…non mi sembra abbiate la medesima età”.
La Dabbenaggine replicò prontamente: “E’ che io me li porto male…lei se li porta meglio di me…e ricordo benissimo, che era ripetente e, a volte le fornivo perfino i compiti sotto banco,”
La Curiosità, che era sopraggiunta in quell’istante, chiese: ” Ma insomma…si può sapere di chi stiamo parlando?”
La Dabbenaggine, con un moto di orgoglio soggiunse: ” Della Follia!…figlia della Genialità e della Prodigalità ! Eravamo grandissime amiche…poi ci siamo perse di vista”.
” Ma figurati!” Insorse l’Insolenza: ” E chi ti crede carina…”
“E’ vero…lo giuro!” Replicò la Dabbenaggine con convinzione: “Domani andrò a farle visita…e ve lo farò vedere io chi sono e quali sono le mie amicizie…povere le mie gallinelle incredule e rincitrullite”.
Il giorno seguente la Dabbenaggine, che aveva accettato un invito a cena dalla Giustizia, giunse nei pressi della Capitale di prima mattina e ne approfittò per fare una brevissima visita pomeridiana alla Follia, che si mostrò estremamente lieta di incontrare personalmente la Dabbenaggine assieme alla Vivacità, che l’avrebbe accompagnata nella casa di campagna della Follia, per poi recarsi assieme in serata alla festa che la Giustizia aveva organizzato per il suo recente trasferimento nella Capitale e per conoscere dal vivo diverse persone che aveva riunito in un gruppo telematico piuttosto variegato.
Anche la Follia era tra gli invitati a quella festa, ma essendo in ritardo con alcune consegne, si era vista costretta a rinunciare. Inoltre, la Follia conosceva da tempo la Giustizia e qualche volta aveva modo di incontrarla fortuitamente. Quel pomeriggio la Vivacità diede il meglio di sé, si intrattenne con la Follia e con la sua compagna di una vita da quarant’anni la Responsabilità, mezz’ora e più di battute spiritose, corredate da sincere risate, non troppo condivise dalla Dabbenaggine, che rimase seria, quasi in silenzio e con brevi sorrisetti di circostanza.
Nel tardo pomeriggio la visita terminò con i classici convenevoli, la Dabbenaggine salì sull’autovettura della Vivacità e partirono per recarsi alla festa. Quella fu l’unica volta che la Follia e la Responsabilità videro in faccia la Dabbenaggine e la Vivacità. E probabilmente tutto sarebbe finito lì…se la volontà bizzarra di un destino a dir poco machiavellico, non avesse deciso diversamente.
Così, la Dabbenaggine dopo aver trascorso una bella serata in buona compagnia, il giorno seguente se ne tornò al suo luogo natio e alla sua naturale quotidianità…quella di trasformare, gonfiandola a dismisura a proprio uso e consumo, ogni briciola di latente ipotetica realtà, inventando alla bisogna persino storie tra le più assurde e inesistenti. Difatti riunite le allegre comari del pianerottolo sul terrazzo condominiale, tra le lenzuola fresche appena appese assieme a tutti i frivoli pettegolezzi locali, le tranquillizzò all’istante, con una serie di fandonie surreali sul conto della Follia, e spiattellando agli astanti ogni assurda minuzia prodotta dalla sua fertile immaginazione, come fuoriuscita dalle pagine appena fresche di stampa di un vero e proprio trattato dell’assurdo, fece un ampio respiro, aprì il megafono gracchiante collocato dalla natura al posto della sua bocca e iniziò a raccontare: “Ho ritrovato finalmente dopo tanto tempo, una mia amica di scuola persa di vista da un’eternità”.
Secondo la sua a dir poco “stravagante”, quanto visionaria versione dei fatti, lei aveva frequentato la Follia anche dopo gli studi classici, erano stati nei medesimi collegi, condividendo moltissime esperienze fino ad assistere persino al matrimonio tra la Follia e la Responsabilità avvenuto nel 1973 cui lei fu testimone di nozze. Dopo di che si persero di vista. Occorre dire, che la Dabbenaggine, malgrado il suo daffare per intrufolarsi sistematicamente in ogni pubblico evento locale, soprattutto per avere visibilità, guadagnare credibilità personale e rinforzare una maschera professionale del nulla, fondata su una messa in scena di facciata estremamente maldestra, era rimasta una donnetta provinciale dedita al pettegolezzo d’alto bordo. O almeno, quello che voleva essere il suo intento fraudolento, non sempre andato a buon fine, restava il suo principale passatempo.
Riempirsi la bocca di certi nomi altisonanti, messi in bella vista su fb tra le sue amicizie virtuali e non, per poi sciorinarli, come il gioco delle tre carte domenicale, in biechi pettegolezzi da salottino paesano, nell’intento di cogliere di sorpresa e di stupire i soliti quattro amici al bar di paoliana memoria, era per lei un vezzo irresistibile.
Totalmente diversa era la vita di campagna della Follia, che non amava la mondanità, e si recava controvoglia persino alle rare presenze ufficiali come ospite d’onore. La Follia, malgrado ogni frivola apparenza, faceva vita ritirata, condividendo la sua tenuta di campagna con i suoi amici a quattro zampe, con la sua amata moglie, la Responsabilità, limitando le frequentazioni a qualche rara meritevole amicizia. Quindi, la strana, insolita visita della Dabbenaggine, passò talmente inosservata, e finì direttamente e senza alcun clamore, nel contenitore dei rifiuti organici domestici. Ma la megalomania galoppante della Dabbenaggine ormai, aveva effettuato il decollo con il suo maldestro disegno promozionale, atto a procurarsi il prestigio tanto agognato, e quel pizzico di illusoria luminosità artificiale da sfoggiare con i suoi concittadini nei giorni di festa.
Un bel giorno prese il telefono e rivolse alla Follia una proposta a dir poco oscena… e assolutamente irrealizzabile: portare in esposizione alcune fantastiche idee della paterna Genialità, nel bellissimo luogo natio della Dabbenaggine. La Follia per estrema chiarezza, si affrettò a dire che esisteva una organizzazione internazionale, che si occupava da tempo immemore di tali faccende. E lei, la Follia non aveva nemmeno il tempo di occuparsi delle numerose richieste provenienti da mezza Europa…che la convocavano come ospite d’onore e per le quali, previo ovvia prenotazione, percepiva un adeguato gettone di presenza. Allora, la Dabbenaggine cambiando abilmente registro, deviò la sua richiesta “trasformandola” in un invito “abusivo” per un manifestazione, che si svolgeva ogni anno. La Follia con un certo imbarazzo, giustificò le sue perplessità, dovute ad una serie di eventi programmati da tempo, e si schernì rimandando a breve una sua eventuale decisione.
La Dabbenaggine nel frattempo, tranquillizzò tutto il condominio annunciando: ” La Follia non ha alcuna intenzione di trasferirsi da queste parti, inoltre ha troppi impegni e non sarà facile convincerla”. Più di qualche mugugno condominiale anticipò la voce sibillina dell’Invidia: “Sai che ce ne può fregare a noi della visita della Follia?” “Ne facciamo tutti volentieri a meno!” Seguirono altri mugugni di assenso da parte degli altri condomini totalmente neutrali.
Tutto risolto? No di certo.
La voce della Dabbenaggine riprese vita e replicò: ” Se convinco la Follia ad accettare l’impegno per una visita dalle nostre parti, voglio occupare il posto d’onore al suo fianco, e credo anche di meritare uno specifico ringraziamento ufficiale”.
L’Invidia replicò assieme all’insolenza: “Fai come credi…per quello che ce ne può fregare…
La Dabbenaggine partì all’attacco, come da sua abitudine, perseverando nella romantica speranza di poter fare le nozze coi fichi secchi o in alternativa, come si suol dire: tentando di fare i conti senza l’oste!…e perfino senza l’osteria. In fondo, fare le orecchie da mercante…era una specialità della Dabbenaggine, in particolare e soprattutto quando si trattava di pagare una consumazione al bar…figuriamoci per una trattativa di ben altro livello.
La Follia si oppose educatamente alle pressanti richieste telefoniche della Dabbenaggine. E a nulla servi ogni altra argomentazione.
La Follia aveva una marea di impegni precedenti a pagamento e quindi non poteva darle retta. La Dabbenaggine invece fece finta di niente, continuò a mentire con i suoi condomini, rimandando in continuazione l’incontro. Chiuse l’amicizia su fb con la Follia e la bloccò. Iniziò la sua missione demolitrice presso tutti gli amici comuni e cominciò a litigare con tutti, non appena anche nel condominio le si scoprirono le sua carte taroccate.
La Solerzia, che si era vista costretta a rimandare continuamente il suo evento, cominciò a pressare la Dabbenaggine affinché si stabilisse una data definitiva. La Dabbenaggine aveva stabilito autonomamente la data senza nemmeno avvertire la Follia, continuando però a tranquillizzare la Solerzia che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Ma una volta scoperti gli altarini ormai traballanti, la Dabbenaggine si finse offesa a morte e invece di scusarsi, di trovare qualsiasi pietosa giustificazione di circostanza, cominciò ad inveire contro chiunque come una pazza.
La prima a farne le spese fu la Solerzia, che si sentì investita da ogni sorta di appellativo. Poi, fu la volta della Follia, ed infine l’ira funesta residua colpì chiunque osasse invitarla alla calma e ad un minimo di riflessione. In effetti la Dabbenaggine, aveva vissuto indisturbata per tanto tempo, crogiolandosi sull’assurda costruzione di un personaggio inesistente, costruito maldestramente sulle fragili inesistenti fondamenta. Vantando onorificenze e dubbi attestati scolastici, si aggirava ovunque vi fosse un avvenimento mondano di richiamo di cui potesse parlare la stampa locale. Si aggirava tra gli ospiti famosi per vantarne apparente conoscenza e per poter successivamente costruire, modificandole con le sue ignobili fandonie, storie a dir poco surreali…notevolmente affini alle masturbazioni mentali di un vero malato di mente.
Così, come si rivelò esplicitando la sua vera natura, affacciandosi alla finestra condominiale per emettere il suo lugubre e snaturato canto del topo-cigno da fogna, verso il balcone della Solerzia: Cara la mia gran culona partenopea , questa volta l’hai fatta proprio grossa! E una volta per tutte, giuro che me la pagherai!
La Solerzia dal canto suo, essendo totalmente in buona fede, non le rispose per le rime e considerando lo strano comportamento della Dabbenaggine, una sorta di gioco di prestigio abituale, a cui erano dedite solo alcune persone che, pur naturalmente prive dell’utero ma estremamente desiderose di averlo…assumevano quasi sempre un atteggiamento aggressivo e nel contempo uterino…si limitò ai convenevoli rituali, chiedendo adeguati chiarimenti.
Ma la Dabbenaggine era ormai partita in quarta e rifiutando ogni ragionevole dibattito, proseguì con una serie di sproloqui da bettola, diretti in ugual misura alla Follia e alla Solerzia, mostrando una volta per tutte e a chiare lettere, la vera essenza delle sue ignobili origini.
Alla Solerzia e alla Follia, non rimase che lasciarsi seppellire dalla valanga di volgari invettive, che avrebbero fatto arrossire perfino un “navigato” scaricatore di porto. Non ancora soddisfatta del suo operato “sociale”, la Dabbenaggine, al culmine della sua ira, dopo essersi rivolta ad un hacker affinché danneggiasse irrimediabilmente i rispettivi PC dei suoi odiati nemici, iniziò la sua infida crociata telematica personale, recandosi perfino a domicilio per diffondere i semi malefici di una vomitevole diffamazione a largo raggio.
La Logica, supportata dalla ragionevole Verità, ovviamente evitò di farsi coinvolgere, lasciando agli eventi l’onere di evidenziare le troppe lacune che la Dabbenaggine aveva trascurato nella foga del suo primitivo e iniquo desiderio di vendetta. Ma alla Menzogna, all’Insolenza, alla Rabbia, all’Invidia, alla Stupidità e a tanti altri condomini…non parve vero poter scambiare quattro chiacchiere sull’argomento e poter lapidare affabilmente il bersaglio di turno, come si usava fare al tempo dei propri antenati. Inoltre, l’ira ancora fresca che animava la lingua, già velenosa di suo della Dabbenaggine, avrebbe portato la stessa a compiere qualche passo falso e a far emergere ulteriori verità ascose volutamente dalla Dabbenaggine, per portare a buon fine il suo disegno.
Ma come si usa dire, il Diavolo fa le pentole e non i coperchi…che nel caso specifico, difficilmente sarebbero bastati a coprire il suo indeciso quanto ambiguo armeggiare. Per la Dabbenaggine non fu certo facile trovare i giusti argomenti per convincere i condomini della propria buonafede. E ancor più difficile e altrettanto penoso, fu giustificare il maldestro tentativo di far passare la Follia per una compagna di scuola. Ma la spudoratezza della Dabbenaggine non aveva limiti, come illimitato era il grande disprezzo di buona porzione dell’umanità, ritenendo tutti, assolutamente tutti degli esseri brutti, inutili e culturalmente inferiori. Eppure lei non era affatto bella, tutt’altro. E il suo mondo reale, quello che nascondeva ad occhi indiscreti, era più squallido di una fogna a cielo aperto in cerca di restauro.
Anche il suo aspetto fisico non aiutava. Più simile ad un dromedario camelide glabro, che a un bradipo gibboso o a un cercopiteco lesso, con enormi occhiali tenuti assieme da qualche centimetro di fil di ferro e una sigaretta perennemente in bocca, propensa ad affumicare chiunque si trovasse in un raggio di dieci metri. Passava il suo tempo libero (praticamente tutto), visto che in realtà non aveva proprio nulla da fare, a farsi fotografare con i vari personaggi noti che le capitavano a tiro.
Umanamente era un palcoscenico di falsità, con la voce querula, maldestramente impostata, simile al verso amplificato di un’oca petulante, convinta di sapere tutto, e soprattutto convinta di saper convincere chiunque. Una classica venditrice di fumo senza clienti.
Dal canto suo, la Follia non era certo in odore di santità, si limitava a vivere la propria vita senza cercare nessuno. E, nel caso specifico, dopo il primo attimo di logico stupore, invece di gettare nell’immondizia il sudicio biglietto da visita della Dabbenaggine, colmo di simboli araldici fasulli, simbolicamente allusivi ad una inesistente presunta nobiltà familiare, presente solo nella sua claudicante fantasia, la Follia lo collocò, a futura memoria e nel posto ” d’onore”, sull’ albero degli stronzi…un simbolico arbusto virtuale su cui venivano posti i biglietti delle persone più “meritevoli” di tale posizionamento. In fondo, il mondo reale della Dabbenaggine, malgrado gli inutili sforzi e ogni sua subdola messa in scena per ingigantire a dismisura la traballante scenografia immaginaria estremamente ambita, era circoscritto tra quelle quattro mura domestiche, talmente affumicate e puzzolenti da rendere l’angusto ambiente più simile ad una rosticceria del terzo mondo con la graticola piena di ratti, che a una civile abitazione.
Ma la Dabbenaggine, anche se velatamente, era tutt’altro che civile. Difatti, dopo aver tentato sguaiatamente di screditare la Follia presso i comuni amici, dando ampia dimostrazione verbale del suo basso lignaggio, con sproloqui degni dei più biechi scaricatori di porto… passò al programma successivo. Quello di riserva. In cui confidava con tutto il fervore, il nefasto risultato della sua estrema vendetta. Che si premurò di comunicare con un sms (sterile malefatta sociale), al suo temporaneo e principale bersaglio. Con l’ovvio effetto di far contorcere la Follia dalle risate. Ma l’unico effetto che riuscì ad ottenere, attribuendo gratuitamente alla Follia, inesistenti poteri iettatori, fu quello di far perdere ad una sua insipida amica, l’Idiozia, che si era prestata a fare i copia incolla, per demenziale piaggeria, la sincera e disinteressata amicizia della Follia.
Quando finalmente il silente velo pietoso che si stava apprestando alla definitiva, naturale distesa sul vuoto totale della Dabbenaggine, e alla sepoltura di quella marea di inutili, velenosi pettegolezzi seminati maldestramente ai quattro venti, si bloccò a mezz’aria titubante sul da farsi. Sulle magiche note di “Comme ils disent”…sparse nell’aria, quasi a sdrammatizzare per qualche istante tutta l’area del condominio, ormai allertato e propenso, a valutare drasticamente la completa inutilità dell’infimo essere…che sempre più simile ad un multiforme escremento vivente, fingendo falso disinteresse e disprezzo totale per quella porzione di umanità che lo rifiutava, si apprestava nell’ombra ad attendere inevitabilmente la sua prossima vittima, per sentirsi finalmente utile a qualcosa.
Sulle pagine inesistenti de “La voce del caseggiato“, il virtuale quotidiano del condominio, le domande più frequenti sul conto della Dabbenaggine e sul suo misterioso passato, volavano di bocca in bocca. Ma: chi era la Dabbenaggine?…o per meglio dire: chi era in realtà il personaggio raffazzonato e maldestramente costruito faticosamente nel tempo, che la Dabbenaggine voleva mostrare d’essere?…soprattutto agli occhi disincantati di quei pochi condomini ancora disposti ad ascoltare le sue improbabili verità.
L’unica risposta plausibile, in base al suo isterico e scriteriato daffare sembrerebbe: una pazza scatenata, estremamente megalomane, con galoppanti complessi estremi di superiorità…il tutto condito da facinorosa invidia strisciante nei confronti di tutti coloro, che in qualche modo riuscivano a distinguersi naturalmente e senza sotterfugi, nel bel mondo dello spettacolo e della notorietà a lei piuttosto ostile. In cui lei sola avrebbe voluto primeggiare, da regina senza scettro e senza alcun talento, tranne quello del falso pettegolezzo da bettola purulenta, in cui ogni sterile atto scriteriato, vive e prende forza dalle più insulse menzogne. Sin dalle sue putride origini, tutto ciò di cui amava circondarsi, la Dabbenaggine, era la messa in scena delle sue ignobili, volgari allegorie falliche.
La falsità di ogni sua affermazione, aleggiava nell’aria come il fumoso olezzo delle sue schifosissime sigarette senza filtro, e il godimento che gli procurava continuamente l’illusione contaminata di aver convinto qualcuno con le sue fandonie, sembrava ogni giorno più eccitante di un semplice rapporto sessuale…di cui lei, anche a causa del suo rivoltante aspetto, aveva perso ogni memoria.
Malgrado tutte le false polemiche raffazzonate a danno della Follia, dalla Dabbenaggine con cui la stessa aveva martoriato a sangue le orecchie di ogni condomino, la sete di vendetta non accennava a placarsi e l’unica auditrice esterna al condominio, apparentemente disposta a sorbirsi le reiterate lamentele della Dabbenaggine, parve essere la Giustizia, da sempre avvezza a confessioni di ogni genere. In fondo, per il carattere materno ed equilibrato della Giustizia, ascoltare il chiacchiericcio di un isterica mente assetata di vendetta, rappresentava un utile esercizio psicologico atto a prevenire qualche crimine. Regine si nasce…o si diviene per diritto dinastico, ma evidentemente la Dabbenaggine non era disposta ad accettare il suo squallido destino.
Ogni giorno di più il subdolo logorio, assillava i suoi pensieri fino a martoriarli come un tarlo d’acciaio continuamente affamato. E lei per mascherare tale condizione, si vendicava con chiunque capitasse al suo cospetto, con ogni più infima cattiveria…e solo in questo modo riusciva a sentirsi un’ameba insolitamente dominante…non certo affine al vago archetipo, che la poveretta aveva perseguito per buona parte della sua esistenza, travisando l’ipotetico, ambito scettro nobiliare, alla stregua di uno strano arbusto dalla fallica conformazione.
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