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Lo Zafferano

Lo Zafferano

di Giacomo Danesi

“Aveva il bavero color zafferano
e la marsina color ciclamino
veniva a piedi da Lodi a Milano
per incontrare la bella Gigogin. ”
Alzi la mano chi ricorda questi versi. Nessuno?
Vedo una mano laggiù…
Accidenti, uno solo. Brutto segno!
Potenza dell’amore!  A piedi da Lodi a Milano per incontrare l’amata.

Altri tempi. Certo doveva essere un tipo particolare quell’uomo che indossava un simile vestimento. Passi per la marsina color ciclamino. Ma il bavero color zafferano…
Come sempre è la mitologia che s’incarica di informarci sull’origine di un fiore, di un’essenza, di una spezia. Nel caso nostro sembra che lo Zafferano nasca dall’amore di un bellissimo giovane di nome Crocus. Questi, Crocus appunto, s’ innamorò di una dolce ninfa di nome Smilaceche.
Particolare curioso. La stessa era la favorita del dio Hermes.
Scherzare con i fanti ma mai con i santi… Lui, il dio Hermes, per vendicarsi di Crocus, lo trasformò in un bulbo.
Dello Zafferano se ne parla nei papiri egiziani del II secolo a.C., nella Bibbia e nel IX e XII libro dell’Iliade. Isocrate si faceva profumare i guanciali prima di andare a dormire e le donne troiane profumavano i pavimenti. Lo Zafferano si coltivava in Cilicia, Barbaria e Stiria. Infatti, Scano scrive che i Sidoni e gli Stiri lo usavano per colorare i veli delle loro spose, ed i sacerdoti per profumare i loro templi durante le grandi cerimonie religiose.
Lo Zafferano!  Il nome scientifico non è granché: Crocus Sativus.
Il nostro crocus fa parte della famiglia delle iridacee e arriva dal lontano Oriente.
Sembra che il nome derivi dall’arabo za’-farán’ e dal persiano ‘zaa-fran’, ed era conosciuto da grandi personaggi come Virgilio, Plinio, Ovidio e Omero.
Tralascio di raccontarvi in lungo e in largo com’è giunto fino a noi. Cito solo il personaggio che dalla Spagna portò nel nostro paese, e precisamente in Abruzzo, il prezioso bulbo. Anzi, trattandosi di un bulbo – tuber è più corretto identificarlo con il nome di cormi. Fu un padre domenicano, membro del tribunale dell’Inquisizione, Padre Santucci di Navelli in Abruzzo.

Numerose le varianti di questa preziosa pianta. Una delle qualità più pregiate è nota con il nome di Sulmonensis, dal nome della splendida e ricca valle di Sulmona, in Abruzzo, appunto.
Oggi la produzione annua in quella zona è di una decina di quintali. Nel 1840 il quantitativo raggiunse la bella cifra di 4.000 quintali!
Calabria, Puglia e Sicilia (a piedi dell’Etna c’è un paese che si chiama addirittura Zafferana) le regioni italiane deputate alla coltivazione del prezioso bulbo – tubero.
I fiori e le foglie spuntano quasi contemporaneamente. Curioso lo stimma trifido, lungo 2-3 cm, dal quale si estrae la droga, intorno alla metà o fine di ottobre.
Di buon mattino, naturalmente, perché più tardi si schiuderebbero, rendendo così facile il deterioramento degli stimmi a causa della manipolazione.
Posti su setacci, sono poi essiccati al calore della brace. Questo per conservare l’aroma e il potere di colorare. Perché il nostro Zafferano non si usa solo in cucina, ma anche per colorare i tessuti. Come dite? Lo Zafferano costa caro? Dipende. Lo sapevate che per disporre di un chilogrammo di Zafferano occorrono 150.000 fiori?, ed è costituito da 450.000 filamenti.

Come riconoscere uno Zafferano di pregio? Non facile. Di sicuro alla vista il suo colore deve essere di un rosso vivo brillante, omogeneo e non essere umido. Ma sarà soprattutto il vostro palato a darvi la conferma della scelta fatta.
Comunque, profumo e sapore sono inconfondibili. Il profumo deve essere molto diffuso e il suo colore sul cibo di uno splendido giallo oro. Non solo. Uno zafferano doc non perderà certo nel tempo il suo intenso profumo, sapore e colore.
Torniamo al nostro argomento: il suo uso nell’arte culinaria. Vero che inizialmente era usato per cucinare il risotto alla milanese. Oggi il suo uso è ben più vasto, visto che lo troviamo nei primi e secondi piatti, contorno e dolce finale.

Sarà, comunque, una ricetta di Iginio Massari a rendere giustizia a questo straordinario dono della natura. A questo proposito ecco una dolce proposta dal nostro principe dei pasticcieri italiani (e non solo…):  Torta di mele con Zafferano!
Lo Zafferano è usato anche nell’industria dolciaria e liquoriera. Un tempo era preso in considerazione anche come sonnifero e antispasmodico. Oggi la chimica lo ha soppiantato. Però lo si può trovare sotto forma di sciroppo, tintura e tisana come eccitante e stimolante.

Le ricette di Iginio Massari

Ingredienti

Frolla “Milano”

  • g 175 di burro fresco di ottima qualità 
  • g 100 zucchero a velo
  • g 1 di sale sciolto in acqua 
  • g 40 uova 
  • n. 1 bacca e mezzo di vaniglia 
  • g 300 farina bianca debole biscotto

Massa montata

  • g 100 di burro
  • g 100 di zucchero
  • g 100 uova 
  • g 150 di farina
  • g 3 di lievito in polvere
  • n. 1/2 bacca di vaniglia
  • succo di mezzo limone

Purea di Mele

  • n. 3 mele di media grandezza 
  • 1 cucchiaio di miele d’acacia
  • 1 cucchiaio di rum 
  • 1 punta di pistilli di Zafferano
  • Strato di meline

Sciroppo di Miele-Zafferano

  • g 100 di miele di acacia
  • g 100 di acqua
  • 1/2 cucchiaino da caffè di pistilli di Zafferano

Necessitano:

n. 2 tortiere di cm 18 di diametro
Pasta frolla tirata sottile di mm 3 (foderare senza lasciare bolle di aria)
Ristretto di pasta di mele, in piccolo strato
Strato di meline
Massa montata al burro da utilizzare con un sacchetto per coprire tutti gli spazi lasciati vuoti dalle mele

Procedimento per ottenere una buon pasta frolla
Per avere una bella e buona pasta frolla si devono rispettare le regole fondamentali, che sono la base d’ogni lavoro eseguito con maestria.
Il burro deve essere morbido, ma ancora plastico. Si amalgamano lo zucchero a velo, sale sciolto in un cucchiaio d’acqua, aromi e le uova.
Si lavora senza montare la massa; s’incorpora la farina, mescolandola il minimo indispensabile, per ottenere la pasta.

Ottenuta la pasta frolla, la si avvolge in un foglio di cellophane e la si depone in frigorifero per 10-12 ore prima del suo utilizzo.
n.b. La pasta, posta a 4°C, si conserva in frigorifero per 15 gg.

Preparazione:
Montate in planetaria o nello sbattiuova il burro con lo zucchero, in prima velocità. Incorporate il succo di limone e la vaniglia; successivamente le uova poco alla volta, alternandole alla farina, già setacciata, con il lievito in polvere. La lavorazione deve durare 15 minuti circa.

Preparazione:
Con i ritagli delle mele rimpicciolite (vedi più avanti), mettete un cucchiaio di miele di acacia, uno di buon rum e una punta di pistilli di Zafferano e cuocete a fiamma dolce, fino a ottenere una purea ristretta al 50%.

Preparazione:

Prendete le tre mele di media grandezza (vedi purea di mele), sbucciatele e, dopo aver tolto il torsolo, tagliatele a metà. Per ottenere mele di piccole dimensioni, prendete un copapasta rotondo e liscio del diametro di cm 5. Stampatele formando da una mela due mezze mele di piccole dimensioni. Affettatele lasciandole poi unite. Posizionate le mele affettate in una bacinella piatta, e mettetele a macerare in sciroppo di miele e Zafferano.
Mettete il composto a bollire. Al termine cospargete il liquido sulle mele e fatele macerare per una notte in frigorifero. Prima del loro utilizzo, fatele scolare su una griglia.

Composizione

Prendete le 2 tortiere alte cm 3 e di cm 18 di diametro, possibilmente antiaderenti. Foderatele con uno strato sottile mm 3 di pasta frolla. Spalmate sul fondo con un cucchiaio la purea di mele ristrette. Formate la torta partendo dal centro e posizionate la mela di piccole dimensioni; circondatela poi con le meline per tutto il perimetro del dolce. Inzuccheratele prima di cuocere, e riempite con la massa montata gli spazi vuoti.
Ponetela nel forno a 180°C per la cottura per 25 minuti. Dopo cotta, spolverate la torta con zucchero a velo vanigliato; con una confettura di albicocca calda pennellate le mele.
È da servire tiepida, con panna montata non zuccherata.

 

Tratto dal libro  “Mia nonna mangiava i fiori”

Testi di G. Danesi – Vannini Editrice 

Altri racconti tratti da “Mia nonna mangiava i Fiori”

 

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