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Scoglio della sirena

Scoglio della sirena

di Giulio Ghirelli
Terza parte  / “Ritorno allo Scoglio della sirena”

Alle due del pomeriggio, nella zona di sbarco passeggeri dell’Aeroporto Internacional de Madeira, Joaquim Righeleira, detto Joao, -agitato come un mare in burrasca- stava rileggendo per l’ennesima volta il messaggio che quella mattina gli era arrivato, come un fulmine a ciel sereno, dalla pittrice sarda Maurilia Selinas, in arte Ilia,: Sono all’aeroporto di Cagliari. Sto per salire sul volo che parte alle ore 9,10 e arriva a Madera alle 13,50. Non chiedermi niente, voglio che sia una sorpresa…
La sorpresa più bella, era che avrebbe rivisto Ilia, da quando, due mesi prima, l’aveva conosciuta in Sardegna, durante il suo viaggio in Italia alla scoperta dei fari di quel paese. E già questo lo aveva mandato in brodo di giuggiole. Ma non aveva dubbi che la sorpresa che voleva fargli la pittrice, era  di chiedergli di portarla a dipingere il faro nel posto più fantastico della sua vita di uomo di mare.
E questo lo aveva mandato al settimo cielo. Tornare allo Scoglio della sirena con Ilia…
Però aveva obbedito alla richiesta della pittrice: non aveva chiesto niente. Si era limitato a pigiare sul tastierino dei messaggi una rosa rossa. Però gli sembrava poco, e allora ne aveva aggiunte due. E poi la faccina col cuoricino all’angolo della bocca. E poi si era azzardato ad aggiungere un cuore.
E col cuore a mille all’ora, alle undici di quella mattina si era messo in auto, e in venti minuti aveva percorso i diciotto chilometri che dalla sua casa di Funchal conducono all’aeroporto. In anticipo di due ore e mezza sull’orario di arrivo dell’aereo proveniente da Cagliari.
Ma con l’ansia che aveva dentro, non era riuscito a fare altrimenti. E quelle ore di attesa nella sala d’aspetto dell’aeroporto non passavano mai. Aveva bevuto un caffè, poi, alla una, aveva mangiato un panino ripieno di polpetta di baccalà, che contrariamente al solito, gli era rimasto sullo stomaco.
Del resto, l’agitazione non aiuta la digestione. E allora, altri due caffè per digerire il baccalà, ma avevano avuto solo l’effetto di aumentare l’ansia. Aveva comprato un giornale, ma ogni due righe levava dalla tasca il telefonino e rileggeva il messaggio di Ilia, per avere la conferma di non esserselo sognato.
Poi, finalmente l’altoparlante aveva annunciato l’arrivo del volo. E quando l’immagine di Ilia era entrata nel suo campo visivo -vestita con dei comodi pantaloni kaki, tipo nomade del deserto, e una camicia scura- tirandosi dietro un trolley, e tenendo sottobraccio un grosso pacco rettangolare dello spessore di un paio di centimetri, Joao le corse incontro, e senza dire né bè né bà, l’abbracciò.
Non sapeva quale marca di profumo usasse la pittrice, ma era molto delicato. Era l’unico genere di profumo che gli piaceva. Al contrario di quelle forti essenze con cui si innaffiano certe donne, che fanno venire la nausea. Tanto per dire, una volta era a cena in un ristorante, e al tavolo vicino c’era una tipa che gli rovinò il pasto, per il nauseabondo olezzo che emanava. Al punto che quando arrivò il cameriere col conto, Joao gli chiese con una voce tonante, se in quel locale non fosse il caso di cambiare il deodorante per l’ambiente con uno meno puzzolente. Il cameriere non capì, e lo guardò come si guarda uno che ha alzato il gomito. Ma chi doveva capire era la tipa olezzante, se capì…
“Bem-vindo à Madeira!” disse a Ilia dopo il forte abbraccio. “Ti sarai chiesto perché sono venuta qui” disse lei. “L’ho immaginato -le rispose- e adesso che ti vedo con quel pacco sottobraccio…”.
“Ho il volo di ritorno alle ore 16 di domani. Non posso fermarmi di più. Faccio una mostra fra tre giorni ad Alghero, e devo preparare ancora tutto” disse lei. “Toccata e fuga” commentò deluso lui.
“Potresti partire con me… Mi faresti compagnia alla mostra, e fai un’altra vacanza in Sardegna”.
L’invito di Ilia era un altro fulmine a ciel sereno. Ma che fantastico fulmine! Non poteva chiedere di meglio, e glielo disse. “Allora adesso come ci muoviamo?” chiese Ilia. “Hai prenotato in qualche Hotel? A casa ho una camera libera, se ti fidi di dormire nella tana di un vecchio lupo…” fece lui.
“Perché non dovrei fidarmi? Hai dormito a casa mia e non sei venuto di notte a bussare alla porta della mia camera”. “E se lo avessi fatto?”. “E’ una domanda da fare a una gentildonna?” sorrise lei.Mezz’ora dopo arrivarono a Funchal, e quando furono in casa di Joao, Ilia vide il suo quadro appeso in fianco alla finestra che dava sul mare. “Che meraviglia di panorama! Il porto vecchio! E ci sono pure dei vecchi bastimenti a vela! Hai trovato proprio il posto giusto per il quadro del veliero”.
Poi, dopo avere aperto il suo pacco, Ilia prese la tela e si avvicinò all’altro lato della finestra, dove, dopo avere appoggiato la tela alla parete vuota, disse: “Cosa dici, non starebbe bene qui?”.
Lui si sentì tremare le gambe per l’emozione. Perché quella che lui pensava fosse una tela che Ilia si era portata per dipingere il faro dello Scoglio della sirena, era invece già dipinta. E neppure il quadro visto alla mostra a Cagliari era così bello. Riproduceva il faro dello Scoglio Mangiabarche.
A Joao non venivano parole da dire a Ilia, se non quelle due che avrebbe voluto dirle: “Ti amo”.
Ma non ebbe l’ardire di esprimersi, e restò lì fisso e muto, con la faccia da baccalà.“Visto che lo desideravi…” disse lei, intenerita dalla commozione di lui. Poi mise in terra il quadro e andò ad abbracciarlo. Ma lui pensò che forse non era il momento per provare a rubarle un bacio.
“Quando sei stato da me, hai detto che vieni da generazioni di naviganti e che hai una barca. E mi hai scritto che mi avresti portato allo Scoglio della sirena. Questo è l’altro motivo per cui sono qui”.
“Il mio battello è un gozzo cabinato che fu di mio padre, e prima ancora, di mio nonno. L’ho tenuto in ordine come meglio non si può. Non è veloce, ma per fare 26 miglia da Funchal a Ponta do Pargo che è a nord-ovest, e poi 7 miglia per raggiungere lo Scoglio della Sirena, in tre ore ce la facciamo. Domattina partiamo presto e avrai tutto il mattino per fare il tuo lavoro. Poi torniamo qui, facciamo i bagagli e partiamo per l’aeroporto. Sperando che io riesca a trovare il biglietto per partire con te. Altrimenti ti raggiungo appena trovo un volo”. “Perché non andiamo oggi? Cosi avrò più tempo per fare il disegno per il quadro.” disse Ilia. “Perché arriveremmo al tramonto” rispose Joao.
“Disegnare il faro al tramontar del sole, verrà un’immagine con dei bei colori caldi. Devo solo fare il disegno con i pastelli, e poi quando tornerò a casa, dipingerò il quadro a olio. E se viene troppo tardi, siccome hai detto che la tua barca ha la cabina, potremmo dormire in prossimità del faro, così domattina lo rivedo con le luci dell’alba, e posso disegnarne un altro con colori diversi”.
Joao sapeva tutti i rischi a cui andavano incontro a stare in mare di notte su quel piccolo gozzo, ma la proposta di Ilia era oltremodo coinvolgente, per ragionarci troppo su.
“Andiamo!” disse. E mentre raccattava un po’ di viveri, Ilia prese dalla valigia i suoi strumenti di lavoro. Infine raggiunsero il porto e salirono sul gozzo. Lui accese il motore e mollò gli ormeggi.
Pom pom pom… Il vecchio diesel scandiva allegramente i suoi battiti. Come il cuore del timoniere.
Erano quasi le cinque della sera, quando costeggiarono la suggestiva Ponta do Sol. E mentre Ilia si godeva i paesaggi della costa disegnando e scattando fotografie, Joao reggeva il timone guardando con un po’ di inquietudine le nuvole che a occidente iniziavano a prendere un colore cupo.
Il suo sangue di navigante non gli diceva bene, ma quel viaggio era troppo intrigante. E a causa di ciò, aveva archiviato la regola che dice che per mare si va con la testa, non col cuore.
Poco dopo le sei, erano davanti alla Ponta do Pargo, e lì Joao aveva messo la prua verso occidente, verso il mare aperto.
Mezz’ora dopo erano a circa due miglia dallo Scoglio della sirena, e la leggera brezza aveva preso la forza del maestrale, e il mare incominciava a ingrossarsi. Ma mentre Joao era molto preoccupato, Ilia, forse presa dalla suggestione di essere in alto mare al cospetto di quelle onde che aveva sempre e solo dipinto dalla terraferma, non mostrava segni di paura.
Quello che fece perdere il lume della ragione al navigante, e farlo proseguire su quella rotta, fu che l’espressione della donna dei fari era talmente estasiata, che invertire la marcia e ritornare al porto di Ponta do Pargo, sarebbe stato per lei un grande sconforto.
Ma poi, un’onda più cattiva delle altre, che fece alzare la prua della barca verso il cielo, lo riportò alla ragione, e senza dare spiegazioni alla compagna di viaggio, invertì la rotta.
Per come si era messo il mare, era già un miracolo se fosse riuscito a portare la barca in porto.
Ma quella sera, i miracoli non navigavano in quello stesso mare. Una grossa onda investì di traverso la barca e la fece capovolgere. E siccome il cervello di Joao quella sera navigava pure lui per altri mari, non si era preoccupato di fare indossare a Ilia il giubbino di salvataggio.
L’urlo della bufera copriva ogni eventuale grido che chiedesse soccorso, e Joao, che nella burrasca era riuscito ad aggrapparsi a una cassa di legno che galleggiava sulle onde -uno dei pochi relitti che erano rimasti a galla- non sentì alcuna voce chiedere aiuto.
E il buio furioso era l’unico tono di colore in quello scenario.
Per la disperazione, Joao avrebbe voluto mollare la cassa e lasciarsi inghiottire dalle onde.
Invece prevalse l’istinto di sopravvivenza, e non seppe spiegarsi come e quando si trovò aggrappato a una roccia dello Scoglio della sirena.
Solo il mattino dopo, quando riaprì gli occhi e si trovò disteso sull’isolotto, ebbe la consapevolezza di essere ancora vivo.
Il mare era tornato a essere placido, e del più bel colore marino.
Si sollevò col busto, e guardando il mare vide qualcosa di angosciante: dei lunghi capelli del colore dell’oro affioravano sull’acqua a poca distanza dagli scogli.
Pur se stremato, si tuffò in mare, e con enorme fatica riuscì a portare Ilia sulla scogliera.
Non respirava. Allora fece la stessa azione che aveva fatto un anno prima in quel medesimo posto: mise la sua bocca su quella di lei e prese a soffiare forte.
E il miracolo si ripeté: Ilia emise qualche flebile respiro e poi dischiuse gli occhi.E per la felicità, ma soprattutto per quello che aveva nel cuore, qualcosa che si portava dentro da quando l’aveva conosciuta, finalmente Joao baciò la donna dei fari.
Poi intonò la canzone, quella che più gli piaceva e che cantava quando era il guardiano su quel faro:

                                                          
                                                         Ilia, dolce mia musa,
                                                         è questo il tuo destino.
                                                         Il mare ti ha riportato a me
                                                         per tenerti per sempre vicino.

Sentì la propria voce che cantava con tutto il fiato che aveva.
Poi sentì bussare alla porta, e qualcuno che chiedeva: “Tudo bem Joao?”.
Aprì gli occhi e vide il buio della notte.
Bussarono ancora alla porta, e sentì ripetere la domanda.
Riconobbe la voce: era quella di Henrique, il suo vicino di casa.
Joao sollevò un poco la testa dal cuscino e rispose: “Tudo bem Henrique, eu estava sonhando”.

 

“L’uomo del faro”  (Prima parte)

“La donna dei fari”  (Seconda parte)

 

 

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