di Giulio Ghirelli
Stella aveva un aspetto giovanile.
Viveva in un vecchio faro posto a picco su un promontorio all’estremo sud della Sardegna.
Quando il faro aveva smesso la sua funzione, era stato comprato dal papà di Stella, che di mestiere faceva il pescatore, e quando perse la moglie e rimase solo con la figlia, pensò di darle un futuro comprando il vecchio faro e trasformandolo in una locanda con quattro camere.
E da allora, anche dopo la morte del papà, Stella conduceva la propria esistenza in quella maniera.
Ormai aveva superato l’età in cui il faro della vita di una donna è rappresentato dall’avere qualcuno con cui condividere il resto dei propri giorni.
Ma Stella non si era mai data pensiero per il fatto di vivere da sola.
Ciò che era l’essenza della sua vita, nessun altro l’avrebbe aiutata a trovarla.
Molti anni prima, durante il periodo di chiusura invernale della locanda, per ingannare il tempo aveva iniziato a dipingere.
E aveva scoperto che nessun’altra emozione poteva avere, come quella che riceveva dopo aver dato l’ultimo tocco di pennello a un dipinto.
Non sempre però, perché non era così sovente ottenere quelle emozioni, e allora i dipinti finivano giù dalla scogliera in mare.
Però andava bene così. Bastavano quelli che salvava e che appendeva nella stanzetta dei quadri, che non apriva ad alcuno.
Perché era convinta che certe emozioni non si possano condividere.
Joaquim non aveva un aspetto giovanile.
Non si sapeva da dove venisse, né Stellaglielo chiese.
Le uniche cose che sapeva di lui, erano il suo nome e che era sbarcato quel giorno di ottobre da una nave mercantile che aveva fatto scalo in un porto poco distante dal faro di Stella.
E quella stessa sera si era presentato alla sua locanda con una sacca di tela su una spalla, e parlando male l’italiano, con accento di chi è di un paese ispanico, le aveva chiesto se poteva pernottare lì.
Lei gli aveva risposto che aveva chiuso la locanda già da qualche giorno.
“Ho già provato in altri posti, ma tutti mi hanno risposto come lei. Non chiedo molto, mi basta un letto per la notte, poi domani mattina riparto” aveva detto lui.
Gli occhi di Joaquim, del colore verde come l’acqua ferma di uno stagno, nei quali Stella leggeva una malinconia come di chi ha speso l’ultimo sogno, fecero scaturire nell’animo di lei qualcosa di singolare, simile alle emozioni che le venivano dai suoi dipinti.
“Venga, che le mostro la camera” gli disse. “Dovrei chiederle un documento per il registro degli ospiti, ma per una sola notte non mi sembra il caso…” aggiunse.
“Obrigado” disse lui.
Poi gli fece strada fino a una delle camere, e dopo che lui ebbe posato la sacca sul letto, Stella gli chiese se volesse cenare.
“Nella dispensa non ho molto. Per me ho pensato di fare degli spaghetti conditi con olio, basilico e pomodorini freschi. Se le vanno bene, li faccio per due”.
“Obrigado” disse nuovamente.
“Allora ci vediamo più tardi nella saletta da pranzo” lo salutò lei.
Durante la cena non si dissero una parola.
Stella avrebbe voluto sapere qualcosa di quello sconosciuto, ma non osò chiedere.
E quel silenzio, che sarebbe stato imbarazzante per chiunque, non lo fu per loro.
Lei, certamente per l’abitudine di vita di una donna che amava i silenzi del luogo dove viveva.
Lui, forse per l’usanza di vivere in quella solitudine che va cercando certa gente di mare.
Però gli occhi di Joaquim, a Stella dicevano altro, oltre alla malinconia che vi aveva letto. Era sempre più attratta da quegli occhi, che lei immaginava racchiudessero ricordi di burrasche.
Ma erano solo sensazioni.
-Fosse così semplice dare risposte alle sensazioni… e così anche per le emozioni…- si disse.
Però era certa che l’espressione dello sguardo di Joaquim era molto simile a quella di un piccolo ritratto da lei dipinto, che rappresentava il volto di un’anziana donna di quei luoghi.
Uno di quei dipinti da lei gelosamente custodito nella stanzetta dei quadri.
La frugale cena terminò presto, e poi si diedero la buonanotte.
Stella aveva ancora un sonno leggero quando udì uno scricchiolio.
Lo conosceva bene quel rumore, perché era quello che faceva la porta quando veniva aperta.
Quella della stanzetta dei quadri, adiacente a quella in cui dormiva.
La paura che la colse al pensiero che lo sconosciuto che ospitava fosse un malintenzionato, un ladro o forse peggio, quasi la paralizzò nel letto.
Ma non poteva passare così angosciata il resto della notte, e allora si fece coraggio, e cercando di fare il minor rumore possibile, si alzò senza accendere alcuna luce, aprì adagio la porta della sua camera, e con due silenziosi passi si trovò dinanzi alla porta della stanzetta dei quadri.
Era aperta, e la piccola stanza era un poco rischiarata dalla scarsa luce di una pila che Joaquim teneva in una mano.
Con l’altra reggeva il piccolo dipinto dell’anziana donna, che aveva staccato dal muro.
Stella non seppe spiegarsi che cosa la trattenne dall’urlare. E neppure riuscì a chiedere a Joaquim la ragione della sua presenza in quella stanzetta.
E non le passò neppure per la mente di precipitarsi al telefono e chiedere soccorso.
Seppe solamente girare le spalle all’intruso, e come un automa tornare lentamente nella sua stanza.
Non si preoccupò neppure di chiudersi la porta alle spalle.
Stella era fatta di quella pasta con cui è fatta la gente che crede che il destino abbia già tracciato per loro tutto il percorso, e che non ci sono porte o chiavistelli che lo possano sbarrare.
E volle immaginarsi che quello sconosciuto non fosse un malvivente, e che fosse giunto fin lì come se fosse stato mandato da chissà quale misteriosa entità, per chissà quale incomprensibile trama.
Allora fantasticò che Joaquim poteva non essere un ladro di oggetti, ma di emozioni. Quelle emozioni che sorgevano dai suoi dipinti e che non aveva mai voluto condividere con alcuno di sua conoscenza. E che una bizzarra sorte, ora gliele faceva spartire con uno sconosciuto.
E con quella fantasia, non si sentì più allarmata dall’intrusione di quell’uomo.
Anzi, si sentì talmente rasserenata, al punto da stendersi nuovamente sul letto e riaddormentarsi.
Appena le luci dell’alba rischiararono la sua stanza, Stella si alzò, si vestì in fretta e si recò nella stanzetta dei quadri. Era tutto in ordine, e il quadro dell’anziana donna era appeso alla parete.
Allora andò a bussare alla porta della camera di Joaquim. Aveva urgenza di parlargli, di dirgli che non era offesa per averlo trovato in quella stanzetta, tutt’altro, era felice che il destino le avesse fatto condividere le emozioni dei suoi dipinti con lui. Perché era certa che fosse la persona giusta.
Ma al suo bussare, rispose la voce del silenzio.
Aprì titubante la porta, ma la stanza era vuota e il letto in ordine come se non fosse stato usato. Pensò che Joaquim non era ancora andato a letto, quando si era recato nella stanzetta dei quadri, e poi, colto sul fatto come un ladro, per la vergogna aveva preso la sua sacca ed era fuggito. Oppure era tutto un sogno? Non poteva crederlo. Corse in cucina sperando di trovare tracce della cena a due. Ma sapeva che non le avrebbe trovate, perché, come sua abitudine, quella sera aveva lavato e rimesso al loro posto pentole e stoviglie.
Ispezionò le altre camere e il resto della locanda.
Non c’erano tracce di altra presenza, oltre alla sua.
E nella mente di Stella, l’immagine di Joaquim cominciava a dissolversi. Però il suo volto, con quello sguardo che le aveva suscitato certe emozioni, l’aveva ancora impresso negli occhi. E reale o immaginario che fosse, ora lei glielo avrebbe rubato.
Non si preoccupò di fare colazione o di spazzolarsi i capelli, o le altre necessità di ogni mattina.
Ne aveva una sola.
Urgente.
Prima che la memoria perdesse anche solo un minimo dettaglio.
Allora si recò nella stanzetta dei quadri, mise una tela sul cavalletto e preparò i colori.
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