di G. Ghirelli
Sesta parte di sei
Avrebbe voluto scriverle
Quel mattino di fine novembre, con una brezza di tramontana che aveva pulito il cielo, che limpido più di così non poteva essere, si poteva distinguere l’Isola del Giglio a occhio nudo.
Ai carcerati del penitenziario dell’isola vengono offerte varie attività per passare il tempo. Una di queste è la fabbricazione di cesti di ogni dimensione fatti con giunchi di castagno, che poi il carcere mette in vendita alla gente dell’isola e ai turisti. E con il ricavato, i carcerati possono concedersi qualche sfizio, e alleviare un poco l’animo imprigionato dietro le sbarre.
-E io come posso alleviare il mio?- si chiedeva Bren, mentre, affacciato alla finestra della sua casa a Capoliveri, guardava il paesaggio marino e la veduta dell’isola del penitenziario.
Non aveva molta manualità e il suo unico passatempo nella stagione morta, era quello di scrivere.
Ma da quando un mese prima era tornato a casa, non gli era riuscito di mettere sui fogli una parola.
Di uscire e parlare del più e del meno con qualche conoscente, non se la sentiva proprio.
Allora passava le giornate chiuso dentro casa a guardare dalla finestra l’orizzonte marino, come se il suo sguardo potesse raggiungere Capo Sparviero e penetrare dentro la casa di Stella.
Se la immaginava intenta a dipingere oppure a leggere un libro.
Il quadro che doveva spedirgli non era arrivato. Ma era una pia illusione pensare che nel modo con cui si erano lasciati, lei glielo avesse inviato.
Più di una volta aveva pensato di telefonarle, ma parlare di certi argomenti per telefono…
Ma non solo per telefono, perché pure vis-à-vis, sulle questioni del cuore, per aprire il suo ci voleva ben altro che un apriscatole…
E anche per questo, le sue storie d’amore erano sempre state travagliate.
Forse aveva preso la passione per la scrittura anche per la difficoltà di esprimersi con le parole.
Allora, una settimana dopo il ritorno dalla Sardegna, aveva preso la decisione di scrivere a Stella una lettera, sulla quale avrebbe aperto il cuore. Ma dopo solo due parole, la mano si era bloccata.
Guardava il foglio senza riuscire a scriverci altro.
Tutto quello che aveva nell’animo, non riusciva a trasferirlo alla penna.
Era rimasto mezza giornata a fissare il foglio bianco, e poi si era arreso.
Stava per appallottolarlo e gettarlo nel secchio dell’immondizia, ma poi aveva cambiato idea.
Allora l’aveva piegato in quattro e l’aveva infilato nella busta, vi aveva scritto sopra l’indirizzo ed era uscito a spedirla. E se Stella fosse stata propensa a capire, anche con solo due parole…
Ma erano passate tre settimane, e nessuna risposta.
Forse la lettera era andata smarrita… con tutta la corrispondenza che si perde per strada…
Poteva anche essere che avesse ancora scritto sulla busta l’indirizzo sbagliato. Per come era messa la sua testa, era possibile.
Oppure Stella, vedendo chi era il mittente, l’aveva stracciata senza neppure aprirla.
Ma se l’aveva aperta, e aveva letto quelle uniche parole ‘Vita mia’ e non si era fatta sentire, questo significava che non c’era più niente da fare.
Erano questi i suoi pensieri in quel mattino di fine novembre, mentre guardava l’orizzonte sul mare.
E dagli occhi non riusciva a cancellare l’immagine di una donna intenta a dipingere o a leggere.
Ma poteva passare la sua esistenza con quell’angosciante dubbio?
Allora aveva preso da un cassetto la carta da lettera e si era seduto al tavolo della cucina.
Forse stavolta la penna sarebbe riuscita a scrivere qualcosa di più. Forse sarebbe riuscito a scriverle che quando lei gli aveva detto: “Perché non riesci a capire?”, aveva capito benissimo che lei aveva i suoi buoni motivi per agire così. E non era il massimo della vita, per una donna sposata, andare in giro come piccioncini in luna di miele. E magari farsi beccare da qualche suo conoscente, o di suo marito, mentre si tengono per mano o si danno un bacio alla luce del sole.
Ma starle accanto com’era giusto che fosse in quel viaggio, per lui era come il supplizio di Tantalo.
E l’idea delle due camere all’hotel… Non era così stupido da non capire che se avessero preso una camera insieme, le generalità di Stella venivano trascritte sul registro dell’hotel assieme alle sue.
E la cosa avrebbe potuto avere spiacevoli strascichi per lei.
Ma chissà quale tarlo gli aveva roso il cervello, da fargli pensare che uscire di nascosto dalla sua camera per entrare in quella di Stella, lo faceva sentire come un topo d’albergo che gira furtivo.
Ma non sarebbe stato più sensato spiegarle tutte queste cose, anziché prendersela in quel modo?
E invece di esserle riconoscente per volerlo accompagnare per due giorni in giro per la Sardegna e percorrere tutti quei chilometri, che di certo non faceva per vedere posti che già conosceva, ma per quel benedetto sentimento che aveva per lui, era stato talmente ingrato da lasciarla in quel modo al distributore di benzina. Ma quando la testa perde la ragione per colpa del cuore…
E questo mese lontano da lei, non aveva fatto altro che gonfiarglielo il cuore, fin quasi a scoppiare.
Perché se è vero che in amor vince chi fugge, per lui era l’opposto.
E per quello che Stella rappresentava per lui, non sarebbe esistita donna che potesse somigliarle.
Tutto questo avrebbe voluto scriverle. E se ci fosse riuscito, avrebbe riempito gli zaini e si sarebbe messo a cavallo della vecchia Triumph per andare a consegnare la lettera.
“La lettera” Racconto in sei capitoli
dedicato a Marina
cara amica artista
La lettera I° parte di VI
La lettera II° parte di VI
La lettera III° parte di VI
La lettera IV° parte di VI
La lettera V° parte di VI
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