di Giulio Ghirelli
Quarta parte di sei
Il secondo giorno
“Che ore sono?” chiese Stella schiudendo gli occhi, quando sentì Bren sollevarsi dal letto.
Nel pallido chiarore della stanza, lei si stupì di vedersi nel letto vestita. Poi realizzò che era in quel modo che era stata colta dal sonno.
“Le sette, non ti alzare, torno subito” le sussurrò chinandosi su di lei e baciandole la fronte.
Ma non tornò subito, perché gli ci volle un po’ di tempo per trovare le cose e preparare tutto.
E quando rientrò nella stanza col vassoio della colazione e lo posò sul letto, Stella sgranò gli occhi.
“Anche tu sei da sposare!” esclamò sorpresa, considerando che era la prima volta che qualcuno le portava la colazione a letto.
“Non so se dopo sposati te la porterei, perché alle mie mogli non l’ho mai portata” rispose ridendo.
E in quel momento gli venne in mente la risposta che gli aveva dato Stella il giorno prima. Però era combattuto se chiederle o no il significato di quella frase. Infine si decise: “Non voglio sembrarti invadente, ma non riesco a togliermi dalla testa la risposta che mi hai dato quando ti ho detto che sei una donna da sposare”.
Stella abbassò gli occhi e restò in silenzio qualche attimo, poi con mesta voce rispose: “Perché sono già sposata…”.
Bren udì aprirsi le cateratte dal cielo e scatenare il diluvio. Ma il temporale non era fuori, ma dentro il suo animo.
Minuti di silenzio, come se il tempo fosse stato bloccato da quelle inimmaginabili quattro parole.
Infine, con voce rattristata, Stella disse: “Volevo dirtelo prima, ma poi ho pensato che poteva essere un’avventura passeggera. Poi avresti fatto i bagagli e: Ciao, è stato un piacere, grazie di tutto. Quindi perché complicarsi la vita? Ma ora non la penso più così, perché ho capito che anche per te non è la solita ‘botta e via’ e avevo intenzione di dirti tutto… ma per certe cose non si riesce mai a trovare il momento giusto. E non voglio che tu pensi che io abbia l’abitudine di portarmi a letto gli uomini quando non c’è mio marito. Con lui sono sposata da quasi vent’anni, e se non fosse capitato quel patatrac, ora non sarei a letto con te. Lui è comandante in seconda su una nave della Marina Mercantile che naviga tra l’Italia e il Brasile. Torna a casa ogni tre settimane e riparte dopo cinque o sei giorni. Quattro anni fa mi sono accorta che non era più quello di prima. Era poco interessato a me, e a letto non mi desiderava più. Pareva che in questa casa si sentisse come in una gabbia e che non vedesse l’ora di ripartire. Poi un giorno, nel sistemargli il cambio dei vestiti, trovai dentro una tasca della giacca la fotografia di una ragazza che teneva in braccio un bambino. Lui era in viaggio, e io passai delle settimane da incubo, finché appena tornato gli misi davanti agli occhi la fotografia. Non dovetti nemmeno chiedergli qualcosa, era già preparato, e credo che la foto l’abbia lasciata apposta nella giacca per sbloccare la situazione. Mi disse che la ragazza è brasiliana, e con lei era stata inizialmente una delle solite avventure da marinai, ma poi le cose erano cambiate, e quando lei era rimasta incinta, lui si era assunto le sue responsabilità. Non so quanto sia vera la scusa che lui desiderava un figlio e io non posso averne. Puoi immaginarti i mesi d’inferno che ho passato, ma poi alla fine me ne feci una ragione e gli dissi che non ci restava che divorziare. Mio marito mi chiese di restare sposati, perché aveva la prospettiva di passare di grado e diventare comandante, e il divorzio poteva essere un ostacolo per il suo avanzamento. Mi assicurò che sarei stata libera di agire come volevo, e che non avrebbe mai interferito nella mia vita. Gli domandai se la sua ragazza brasiliana accettava una situazione del genere, e lui mi rispose che col tempo avrebbe sistemato le cose. Ho pensato che per quei pochi giorni che rimane a casa, potevo accettare questa situazione fin quando lui avesse ottenuto la promozione. Ma fino ad oggi non c’è stata. Comunque mi sta bene anche così. Anche perché i nostri rapporti sono civili e quando lui è a casa è molto gentile. Ma non si va oltre a una formale convivenza. Io sono libera di fare la mia vita, e fino a oggi non ho mai avuto l’assillo di divorziare. E sei libero di non credermi, ma non sono il tipo che va a letto col primo che passa. Quando ti ho conosciuto alla Mostra, ho provato all’istante qualcosa per te, altrimenti non ti avrei fatto quell’invito. E in questi due giorni ho pensato nuovamente al divorzio. Ma con questo non ho l’illusione che dall’oggi al domani si possa rivoluzionare le nostre vite, però mi piacerebbe che questa storia non finisse qui. Certo non è semplice, abbiamo un mare e centinaia di chilometri tra noi…”.
Poi un lungo silenzio, con il vassoio della colazione non consumata in mezzo al letto.
Forse Stella aspettava che Bren dicesse qualcosa. Ma lui cosa poteva dire, visto che il cuore andava da una parte e la testa dall’altra. E la testa gli diceva che era stato ingannato, perché quando l’aveva conosciuta, lei gli aveva detto di essere single. E allora glielo disse.
“Ma all’Elba ci siamo parlati solo pochi minuti. Cosa dovevo dire a una persona che non conoscevo e che forse non avrei più rivisto? Raccontargli tutta la mia vita? Forse, se avessi ricevuto la lettera e ci fosse stato scritto qualcosa che mi faceva pensare che tu fossi interessato a me, ti avrei risposto e spiegato. E invece della lettera, sei arrivato tu. E visto che non so che cosa mi avevi scritto, poteva essere che sei venuto solo per i miei quadri. Magari te ne portavi a casa uno e ciao. E’ vero che avrei potuto dirti prima come stanno le cose. Ma prima quando?… E’ accaduto tutto in un baleno… Però, nella mia situazione, quello che è successo tra di noi, non lo sento come un tradimento a mio marito, perché anche se ancora solo virtualmente, io non sono più sposata con lui, e mi sento single. E credimi o no, tu sei il primo dopo mio marito. Dopo quattro anni sono quasi tornata vergine…”.
“Se è per quello, pure io ho degli arretrati… A proposito di quadri, manco me li hai fatti vedere”.
“Non è che abbiamo avuto molto tempo… Adesso facciamo la colazione e poi ti porto a vederli”.
Bevvero solo il caffè, che era diventato freddo. Ma tanto, della colazione non importava a nessuno.
Poi Stella disse: “Tra quattro o cinque giorni torna mio marito. Io ho un’amica a Teulada, che dista una decina di chilometri da qui, che ha due locali che affitta d’estate. Se ti senti di restare, ti puoi sistemare lì fino a quando lui riparte. Io ho piena libertà di muovermi come e quando voglio, e ci possiamo vedere ogni volta che lo desideriamo”.
Nella sua vita, Bren aveva già sofferto abbastanza, prima per i genitori e poi per i suoi fallimenti.
Già troppe volte aveva scritto le pagine della sua vita con l’inchiostro della speranza, ma poi il finale non era stato: E vissero felici e contenti.
E per come si stava mettendo questa storia, l’epilogo rischiava di essere il medesimo. Era meglio uscirne subito. Allora le disse: “Stella, penso che tu abbia capito che per te provo qualcosa. Ma in questo momento mi sento come un pesce fuor d’acqua. Dopo quello che mi hai detto, non mi sento di rimanere qui, e tantomeno a casa della tua amica e vederci come oscuri amanti. Ho bisogno di riflettere serenamente, e in questa situazione non mi sarebbe possibile. Perciò penso che sia meglio che io parta. Poi, se e quando sarai libera di iniziare una nuova vita, se ci sarà ancora il desiderio di portare avanti questa storia, ci rivedremo.
“Quando pensi di partire?” chiese lei. “Anche subito, non mi ci vuol molto per riempire gli zaini”.
Poi minuti di silenzio, immobili su quel letto come due statue di marmo, e del medesimo colore.
Infine lei disse: “Vederti andare via in questo modo mi fa star male. Potrei accompagnarti fino a Olbia. Magari fare il viaggio insieme fuori da qui, può farci bene. Lungo la strada ci sono tanti posti che conosco e che meritano di esser visti, e potrei farti da guida. E lungo la strada del Gennargentu ci fermeremo a respirare il profumo del mirto e del ginepro, profumi che fanno rasserenare l’animo. E potremmo fermarci una notte in un albergo, così non avremmo l’assillo del tempo”.
Bren non era dell’idea. Per come si sentiva, temeva che quel viaggio insieme gli avrebbe confuso ancor più la testa, e preferiva che si salutassero lì.
Stava per dirglielo, ma vide che gli occhi di Stella erano lucidi, e avevano il colore della speranza.
E si sentì bucare l’anima . Allora le disse: “Come facciamo a fare il viaggio insieme?”.
“Io ti faccio strada con la macchina”.
“Ma poi devi fare più di trecento chilometri per tornare a casa…”
“Mi sentirei di farne anche di più… anche fino a Capoliveri…”.
Poi, noncurante del vassoio con la colazione in mezzo al letto, lo abbracciò.
Il vassoio si rovesciò poco dopo, ma lo lasciarono lì com’era.
Erano troppo presi a fare l’amore.
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