di Giacomo Danesi
“Ta xe en limù” , sei un fannullone. Confesso che non sono mai riuscito a scoprire perché in Franciacorta, e precisamente a Torbiato di Adro, i fannulloni erano etichettati come limù, Limone. Può darsi che chi avesse nella vita lavorato sodo, e dunque spremuto a dovere, fosse poi identificato come un Limone spremuto, appunto. Se la storia è questa non capisco perché mio nonno Giacomo, mio papà Angelo e i miei zii Giuseppe e Giovanni mi etichettassero con il soprannome di limù? Io non avevo mai lavorato! Mistero.
Il Limone! Che splendido frutto! Citrus limon è il suo nome scientifico. Originario dell’Indocina e della Cina, secondo gli scienziati è un ibrido naturale tra il Lime (Citrus aurantifolia) e il Cedro (Citrus medica).
Sono rimasto stupito nell’apprendere che l’albero del Limone può raggiungere i 6 metri di altezza! Abituato ad ammirarlo con la sua scorza gialla, apprendo che ci sono limoni anche con la buccia verde e bianca.
Non mi sono, invece, fatto trovare impreparato nell’apprendere che ci sono varietà anche prive di semi. Di nuovo mi sono stupito nell’apprendere che lo splendido frutto in India è considerato il simbolo del dolore, a tal punto che le vedove s’immolavano sul rogo, approntato sulle sponde del Gange, stringendo tra le mani dei Limoni! Altri tempi, altre culture. Da noi, invece, le vedove… Tralascio di tediare il lettore (o la lettrice?) come piantarlo, dove e quando, a che temperature e via dicendo. Andiamo al sodo. Molti agrumi, tolti dall’albero, cessano il processo di maturazione. I nostri Limoni, invece, no. Attenzione! Purtroppo il business vuole che spesso i Limoni siano staccati ancora verdi e, dopo un trattamento fungicida e protetti da un’inceratura, siano fatti maturare in seguito. Il mio consiglio? Non usare la buccia del frutto, a meno che non provenga da una cultura biologica.
I fiori
Sapevo dell’uso dei fiori d’arancio per fare bevande, ecc. Scopro ora, invece, che anche i fiori di Limone si possono usare in cucina e in pasticceria. Un certo Edouard Mignon, se non sbaglio ottimo scrittore di ricette (non mediche) sulla suprema arte culinaria, usava e consigliava di usare i fiori di Limone, che lui raccoglieva fino a tarda primavera, e pestarli nel mortaio dopo averli fatti seccare al sole. A questo punto il colpo di genio: li aggiungeva alla pasta brisée o sablée, sull’anatra arrosto e anche sui dolci. C’è un detto che dice: ambasciator non porta pena. Io riferisco e basta.
Se i risultati poi non sono all’altezza delle vostre attese, io mi chiamo fuori. Anzi, mi salvo proponendovi una ricetta di Iginio Massari così vado sul sicuro. Eccola.
NOTE TECNICHE
Pianta delicata quella del Limone che defoglia a temperature di -4/-5°C. A temperature ancor più basse anche il legno subisce gravi conseguenze.
I fiori e i frutti, invece, resistono bene fino a – 2 gradi. Chi pensa che per portare a maturazione il frutto siano necessarie temperature elevate, si sbaglia di grosso. Evitare, invece, di esporle al vento.
Attenzione! Se non piove occorre irrigare. Per vari innesti fatevi consi-gliare dal vostro vivaista di fiducia.
la ricetta di Iginio Massari
TORTA ALL’INFUSO DI FIORI DI LIMONE
Necessitano:
Ingredienti
Preparazione
Lavorate sul tavolo il burro, la farina e il lievito fino a ottenere una massa non montata ma omogenea.
Incorporate gli ingredienti successivi, zucchero, mandorle e tuorli d’uova, fino ad avere un impasto omogeneo.
Posizionate la pasta in frigo coperta da un cellophane per circa 10-12 ore prima dell’utilizzo. Stendete la pasta con uno spessore di mm 3, fino a formare un disco della misura uguale al fondo. Cuocete il fondo a 175°C per i primi 5 minuti; poi a 150°C per altri 25 minuti. Al termine il colore deve diventare marroncino chiaro. Sul fondo, dopo aver spalmato un leggero strato di marmellata d’arancia amara, mettete la massa al pistacchio.
Bollite acqua e zucchero e aggiungete al bollore i fiori di Limone. Lasciate in infusione la notte. Filtrate.
Mescolate tutti gli ingredienti fino a formare una massa cremosa; successivamente posizionatela sopra il sablé cotto e con lo strato di marmellata. Ponete il tutto a cottura per 40 minuti a 150°C. Terminata la cottura passate una pennellata di gelatina di frutta e la glassa piangente alla vaniglia.
Mescolate energicamente e utilizzate la glassa quando la torta è ancora calda. Se lasciate raffreddare la torta, passate la glassa con un pennello e rimettete la torta in forno caldo a 230-240°C per un minuto.
Lo splendido dolce si può conservare per 15 giorni. Facile al taglio, lo stesso si accompagna splendidamente con il the alla vaniglia, moscati dolci-aciduli. Per il moscato giusto un nome su tutti: I Vignaioli di Santo Stefano.
Sciroppo di fiori
g 50 zucchero
g 100 acqua
g 50 fiori di Limone
Massa al Pistacchio
g 100 di zucchero
g 200 di pistacchi (macinati finemente)
g 200 di uova
g 50 di succo di Limone
1 Limone grattugiato
g 20 miele di Acacia
g 225 di burro fuso
Glassa piangente alla vaniglia
g 100 zucchero a velo
n. 1/4 di bacca di vaniglia
g 30 sciroppo di fiori
Tratto dal libro “Mia nonna mangiava i fiori”
Testi di G. Danesi – Vannini Editrice
Altri racconti tratti da “Mia nonna mangiava i Fiori”
Racconti & Ricordi*anzianiincasa_2018