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Farmaci ritirati dal commercio per ragioni di sicurezza

Farmaci ritirati dal commercio per ragioni di sicurezza

Farmacovigilanza e buon uso del farmaco …

Reazioni avverse da farmaci

Molti medici sono convinti che un farmaco una volta giunto in commercio possa dirsi del tutto sicuro. Tuttavia fino al 51% dei farmaci approvati presenta gravi reazioni avverse non note prima del loro uso nella pratica clinica quotidiana .

Negli ultimi anni si è cominciato a valutare il fenomeno delle reazioni avverse da farmaci in termini di costi sociali ed economici. Si stima che negli Stati Uniti il costo complessivo delle reazioni avverse da farmaci possa essere paragonabile a quello della patologia diabetica, oltre che rappresentare la quarta causa di morte per malattia rappresentino la settima causa di morte in Svezia.

Secondo uno studio condotto nel 1994 negli Stati Uniti in diversi presidi ospedalieri, il tasso di incidenza di ospedalizzazione per ADR gravi era superiore al 6,5%

In alcune nazioni è stato stimato che le reazioni avverse da farmaco siano causa di ospedalizzazione con una percentuale superiore al 10%

Uno studio osservazionale prospettico, condotto in due ospedali inglesi, ha mostrato che su 18.820 ricoveri 1225 (6,5%) erano dovuti ad ADR

Inoltre, la gestione dei pazienti con ADR incide in modo significativo sul piano economico a causa delle ospedalizzazioni e dei costi di trattamento.
In alcuni paesi il 15-20% del budget ospedaliero viene speso per gestire tali complicazioni

Infatti, negli Stati Uniti i costi connessi alla morbilità e mortalità causate da problemi farmaco correlati ammonterebbero a più di 76 miliardi di dollari annui.

Gli alti costi sociali ed economici confermano l’urgenza e la necessità di una informazione costante ed approfondita in materia di farmaci e quindi di farmacovigilanza, che per svariati motivi nel tempo non è mai stata affrontata con l’incisività necessaria.

Farmacovigilanza e buon uso del farmaco

Molti medici sono convinti che un farmaco una volta giunto in commercio possa dirsi del tutto sicuro. Tuttavia fino al 51% dei farmaci approvati presenta gravi reazioni avverse non note prima del loro uso nella pratica clinica quotidiana.

Farmaci ritirati dal commercio per ragioni di sicurezza

È ormai risaputo che un farmaco che riceve l’autorizzazione all’immissione in commercio non è sempre un farmaco sicuro, anche in considerazione del fatto che il profilo di sicurezza non è statico ma in continuo divenire in funzione delle nuove evidenze.

Infatti, circa 150 farmaci entrati in commercio nei Paesi industrializzati negli ultimi 40 anni sono stati successivamente ritirati per gravi motivi di sicurezza (una media di 3-4 farmaci per anno). Gli esempi della tabella provano che per dimostrare che il rischio del farmaco è superiore al beneficio, sono necessari un lasso di tempo variabile e frequentemente, l’esposizione di migliaia di pazienti

La sperimentazione clinica fornisce un buon livello di garanzia per quanto riguarda l’efficacia e la sicurezza di ogni farmaco autorizzato all’immissione in commercio. Solo pochissime e selezionate molecole giungono alle fasi finali di sperimentazione. Pur con queste precauzioni un certo numero di farmaci viene ritirato dopo la commercializzazione.

L’ambito sperimentale, per sua stessa definizione, non può fornire una esatta riproduzione delle condizioni reali: per il ristretto numero di pazienti, per i tempi di trattamento relativamente breve se rapportati all’uso cui poi seguirà nella pratica clinica, per la selezione degli individui.

Raramente trial clinici di fase II o III includono pazienti anziani, donne in gravidanza, bambini. Inoltre l’uso concomitante di altre sostanze o l’ingestione di cibi e bevande, non previste durante la sperimentazione, può modificare sostanzialmente il profilo di sicurezza di un farmaco.

In questo senso, è necessaria l’esistenza di un presidio competente e capillare che provveda ad un costante monitoraggio delle condizioni d’impiego dei nuovi e dei vecchi farmaci.

Farmaci ritirati dal commercio per motivi di sicurezza

Le reazioni avverse da farmaci

Con il termine Reazione Avversa si intende secondo il World Health Organization (WHO) International Drug Monitoring Programme: “una risposta ad un farmaco che sia nociva e non desiderabile e che si verifichi ai dosaggi normalmente impiegati nell’uomo per la profilassi, la diagnosi, o per la terapia di malattie, oppure per modificare funzioni fisiologiche”.

Questa definizione seppure chiara ed efficace non descrive con la necessaria completezza la situazione clinica di una reazione avversa da farmaco, più propriamente indicata dalla seguente:

“una reazione dannosa o sgradevole, derivante da un intervento connesso con l’uso di un prodotto medicinale, che predice il rischio derivante dall’uso futuro e richiede prevenzione o trattamento specifico, modifica del regime di dosaggio o la sospensione del farmaco stesso”

Questa definizione racchiude, oltre all’aspetto descrittivo, anche quello connesso con le problematiche di gestione delle reazioni avverse.

Tipologia delle reazioni avverse

Le reazioni avverse sono classificate in base alla tipologia: Tipo A, Tipo B, e Tipo C, ma anche Tipo D, Tipo E e Tipo F

Tipo A:

  • Sono le reazioni avverse più frequenti e vengono definite dall’WHO come effetti collaterali. Sono piuttosto comuni e dose dipendenti. In gran parte sono prevedibili e quindi evitabili utilizzando dosaggi più appropriati per ogni singolo paziente. Esse possono derivare da un eccesso di azione farmacologica, oppure da una azione del farmaco che si esplica in sistemi diversi da quello ove si intenda agire terapeuticamente. Ne sono esempi la sedazione da antistaminici H1, l’ipokaliemia da diuretici, l’ototossicità da aminoglicosidi. Queste reazioni di norma sono note prima dell’immissione in commercio di un farmaco, sono riproducibili con facilità in ambito sperimentale e sebbene frequenti, raramente mettono in pericolo la vita del paziente. Sono generalmente gestibili con riduzione della dose o la sospensione del farmaco, dopo aver considerato gli effetti della terapia concomitante. Sono totalmente addebitabili al principio attivo.

Tipo B:

  • Le reazioni di tipo B comportano talvolta un massivo coinvolgimento immunologico, insorgono solo in una minoranza di pazienti e sono di norma inaspettate ed imprevedibili. Sono peraltro difficili da identificare prima che un farmaco sia immesso in commercio, non sono correlate alla dose, sono spesso gravi e apparentemente non rappresentano una estensione dell’azione farmacologica. Ne sono esempi lo shock anafilattico da penicilline, la rabdomiolisi da statine, l’ipertermia maligna da anestetici, le anemie emolitiche in pazienti G6PD carenti. In questi casi oltre che la sospensione immediata del farmaco sarà necessario evitare la sua somministrazione in futuro. Sono totalmente addebitabili alla particolare situazione del paziente.

Tipo C:

  • Sono reazioni che si verificano con maggiore frequenza in una specifica popolazione trattata con un dato farmaco e possono essere messe in evidenza confrontando l’incidenza di un determinato evento in un gruppo verso una popolazione presa come controllo o verso la popolazione in generale. Di norma necessitano di svariati anni per essere messe in evidenza ed i pazienti devono essere stati esposti al farmaco per un periodo lungo, come accade per terapie croniche. Può essere presa come esempio l’aumento di incidenza di tumori al seno indotta da contraccettivi orali. Tali reazioni sono spesso intrattabili, ma una volta note possono essere prevenute.

Questa classificazione non ha dei limiti rigorosi; con il progredire delle conoscenze alcune reazioni classificate come del tipo B, potranno venire riconsiderate come A ed altre di tipo C in Tipo B, come dovute ad una particolare caratteristica della popolazione in studio.

A questo schema tradizionale possiamo aggiungere altri tipi di reazioni avverse, come quelle di:

Tipo D

  • Dose dipendenti ma anche tempo dipendenti, che occorrono o diventano apparenti un po’ di tempo dopo l’uso del farmaco, come la discinesia tardiva da neurolettici. Queste reazioni sono spesso intrattabili e irreversibili.

Tipo E

  • Reazioni da sospensione, che occorrono subito dopo la sospensione di un farmaco, ad esempio l’ischemia miocardica da sospensione di beta bloccanti, o l’insonnia da sospensione di benzodiazepine. Queste reazioni si correggono in genere con la ri-somministrazione seguita da sospensione graduale.

Tipo F

  • Ultime ma non meno importanti sono le reazioni da insufficienza terapeutica, spesso legate ad interazione fra farmaci. Un esempio è la concomitante somministrazione di un induttore enzimatico insieme a contraccettivi orali, che può ridurre la loro efficacia. Queste reazioni in genere si correggono con un dosaggio più appropriato

Classificazione in base alla gravità

  • Le reazioni avverse sono anche classificate in base alla loro gravità. Qualsiasi manifestazione clinica sfavorevole che a qualsiasi dosaggio sia:
    fatale
  • metta in pericolo di vita
  • richieda il ricovero in ospedale oppure il suo prolungamento
  • porti ad invalidità/incapacità persistente o significativa
  • oppure sia un’anomalia congenita/un difetto alla nascita viene definito come Reazione Avversa Grave

Non tutte le reazioni avverse da farmaco possono già essere note, sia per la loro tipologia che per la loro gravità, si parla in questi casi di: Reazione Avversa Inattesa che viene definita (direttiva del 2001/20/CE del Parlamento Europeo e del consiglio del 4 Aprile 2001): “Una reazione avversa la cui natura o gravità non concorda con le informazioni relative al prodotto (come… nel caso di un prodotto autorizzato, il foglietto illustrativo allegato…). Rimane bene inteso che anche le informazioni presenti nella letteratura accreditata costituiscono parte integrante della documentazione del farmaco, anche quando non presenti nel foglio illustrativo, che non sempre è aggiornato in tempo utile.

Il nesso di causalità

Qualsiasi segno sfavorevole o non voluto, sintomo oppure malattia, associata all’impiego del prodotto medicinale per coincidenza temporale, deve essere attentamente analizzato. Prima di stabilire se ci si trovi dinnanzi ad una Reazione Avversa occorre assicurarsi che il farmaco prescritto sia stato quello effettivamente assunto dal paziente ed alle dosi specificate. Occorre anche verificare che l’evento si sia manifestato dopo l’assunzione del farmaco e non prima di esso. Il criterio cronologico è di gran lunga quello più importante, quello più ovvio e quello meno opinabile per collegare l’evento al farmaco. In breve, l’anamnesi è come sempre fondamentale ed una corretta conduzione del colloquio col paziente, magari strutturato con domande specifiche, può indirizzare il clinico nella giusta direzione. Notizie sull’aggravamento, quando la dose del farmaco raggiunge lo steady-state, oppure, nel caso di una manifestazione di tipo allergico, la raccolta di notizie riguardante una sensibilizzazione precedente o eventuale familiarità per reazione avversa da farmaco, possono fornire dei validi sospetti.

Schematicamente, una relazione causale in base a criteri e definizioni adottati internazionalmente, (WHO International Drug Monitoring Programme) si può definire:
improbabile
possibile
probabile
quasi certa/molto probabile
A queste definizioni, ognuna delle quali possiede un significato preciso e codificato, si può giungere utilizzando algoritmi specifici che tengono conto dell’intervallo di tempo trascorso dalla somministrazione e dal verificarsi dell’evento, del fatto che si tratti o meno di una reazione al farmaco già conosciuta, della presenza di eziologie alternative, come una malattia concomitante o un farmaco assunto in associazione, nonché dalla regressione delle manifestazioni alla sospensione del farmaco (dechallenge positivo) e della ricomparsa ad una nuova somministrazione (rechallenge positivo).
Stabilire una correlazione di un qualsiasi evento con un farmaco non è un’impresa semplice e in genere non alla portata del singolo clinico, specialmente se si tratta di eventi rari. Vi sono infatti parecchi fattori di confondimento che non permettono una diagnosi sicura. La diagnosi di Malattia da Reazione Avversa da farmaco si configura come una delle più difficili in campo medico.
Secondo la metodologia corrente la segnalazione prescinde da una diagnosi certa di Reazione Avversa. L’orientamento internazionale è quello di raccogliere dati completi e di buona qualità e non forzare il medico ad una diagnosi di certezza. In poche parole non è necessario per effettuare una segnalazione di reazione avversa che sia stabilita una correlazione chiara e precisa. Al contrario, nelle schede di segnalazione apposite si propone al medico un percorso senza spingerlo ad una specifica attribuzione causale.

La segnalazione

La fonte di dati per gli studi di farmacovigilanza è la scheda di segnalazione di Reazione Avversa, che deve essere compilata e spedita dal medico che ravvisi o sospetti una reazione avversa. Solo con un numero adeguato di segnalazioni sarà possibile cogliere un segnale d’allarme tempestivo.
La scheda di segnalazione, compilata e firmata, deve essere trasmessa tempestivamente in via cartacea al responsabile della farmacovigilanza della struttura sanitaria di appartenenza.
Il responsabile della farmacovigilanza, dopo aver verificato che le schede di segnalazione di reazioni avverse sono compilate in modo adeguato e completo, inserisce la segnalazione nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza.
A livello europeo, gli enti governativi preposti alla farmacovigilanza degli Stati membri sono in contatto tra loro e con l’Agenzia Europea per la Valutazione dei Medicinali (EMEA). L’EMEA ha istituito un sistema rete europeo (EudraVigilance) per lo scambio delle segnalazioni sulle reazioni ai farmaci relativi ai prodotti medicinali autorizzati nell’Unione Europea. Si tratta di un database europeo per le informazioni provenienti dai singoli database nazionali che consente di potenziare la capacità di identificare precocemente i segnali di rischio

 

Sitografia:

aifa.gov.it

anzianiincasa*  18 ottobre 2016

 

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