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Camper

Camper

di Giulio Ghirelli

Bisognerebbe fargli un monumento, all’inventore del camper. Puoi girare il mondo senza fare e disfare bagagli, e decidi quando e dove fermarti, senza avere l’assillo di orari e prenotazioni.

Per esempio, se arrivi al solitario faro di Cabo da Roca, sulla costa atlantica del Portogallo -che ha ispirato un appassionato pensiero a Camões: “Aquì, onde a terra se acaba e o mar começa”, venderesti la mamma pur di passare una notte in quel luogo flagellato da burrasche marine da fare accapponare la pelle. E che cosa ti permette di realizzare questo sogno?

Il camper.

Il mondo è pieno di paesaggi che vissuti con la libertà di fermarsi dove e quando ti pare, hanno un altro sapore, te li puoi godere con uno spirito diverso.

Anche questo viaggio sulle Alpi del Monginevro, insieme ad altri tre camperisti -Federico, Fausto e Ivana- era stato un viaggio in piena libertà, godendosi paesaggi favolosi.
Quei tre compagni di avventura erano tutti single come Romeo, e ognuno col proprio camper.
A dirla giusta, Romeo non era proprio single, ma in quel periodo il rapporto con la compagna con cui conviveva era talmente incasinato, che aveva deciso di prendersi una pausa di riflessione.
E se era il caso, tornare single a quasi sessant’anni…

Proprio per questo aveva comprato un camper, per farsi qualche giro in libertà e starsene un po’ per i fatti suoi. Per la verità, quell’automezzo, più che un camper, era poco più che un loculo: un vecchio pulmino Volkswagen, lunghezza meno di quattro metri e mezzo, paraurti compresi. Però dentro c’era tutto. Tutto mini: mini-cucinetta, mini-bagnetto, mini-lettuccio… E se ti muovevi con cautela, stando attento a non sbattere testa e gomiti contro i mini-spigoli, potevi vivere l’avventurosa esperienza della vita nomade.

Certo che quando salivi sul camperone di quasi nove metri di Fausto, ti strabuzzavano gli occhi: dinettona con divanoni, cucinona da fare impallidire le Salvarani, lettone regolabile, e bagnone con vasca Jacuzzi. Era pieno di oni quel bisonte della strada, compresi i bottoni. Volevi il sole? Clic, pigiavi un bottone e si apriva il tettone per godersi il solleone. Volevi l’ombra? Clic, pigiavi un bottone e usciva un tendone da starci sotto un plotone. Al pari del suo camper, Fausto, scapolone trevigiano sessantenne, era di stazza one. Da qui il soprannome di “Faustone”. Aveva investito i soldi della liquidazione in quel giocattolone, che puliva e lustrava continuamente; schiavo di quel mezzo che era stato invece concepito come espressione di libertà!

Invece Federico -single quarantacinquenne veneziano- con lo sguardo da zombie depresso, aveva un vecchio camper che fumava come un rimorchiatore, con piazzata sopra il tetto una tavola da surf, che, dall’aspetto fatiscente, probabilmente era diventata inservibile, e forse lo zombie la conservava come memoria di avventure acquatiche, altrimenti è difficile spiegarsi che cosa ci facesse quel genere di natante sulle montagne delle Alpi.E infine, dulcis in fundo, Ivana, una single cinquantenne di professione avvocatessa. Fisicamente appariva così: capelli mossi sul rossiccio, occhi grigio chiaro, misure da piccola utilitaria con carrozzeria in ordine. Un usato sicuro, dato che aveva divorziato dal marito. E quando era tornata single, aveva comprato un camper per girare il mondo da donna indipendente. Romeo l’aveva conosciuta in un camping dell’Alto Lario, dove lei era venuta con una coppia di amici per il fine settimana. Ivana, dopo avere parcheggiato il suo camper, aveva inforcato una sfavillante mountain-bike di marca, ed era andata a fare un giro lungo i sentieri che costeggiano il lago.
Romeo le aveva dato un’occhiata distratta, dato che la carrozzeria di Ivana non abbagliava la vista. Però, visto che il camping era quasi deserto, e non c’era troppo da far ballare l’occhio…
E siccome tra le usanze dei camperisti c’è quella di socializzare, quando lei era ritornata dal suo giro ciclistico, Romeo le aveva attaccato bottone: “Professional bike, signora, complimenti!”. Lei non si era smollata più di tanto, era rimasta sulle generiche, le presentazioni e poco altro. Poi successe che si era bloccata una finestra del suo camper, e Romeo gliel’aveva sistemata. Lei, per sdebitarsi, lo aveva invitato a una grigliata serale insieme alla coppia di amici.
Dando fondo a due bottiglie di Vinsanto, avevano tirato mezzanotte parlando di viaggi. E per merito di quel nettare, a fine serata la carrozzeria di Ivana, a Romeo sembrava da gran turismo.
Quindi è umano che il marpione lanciasse eloquenti occhiate all’azzeccagarbugli, e siccome lei non era miope, non poteva non aver recepito il messaggio. Ma da parte sua, nulla aveva fatto intendere. Anche perché non poteva sbottonarsi troppo, ospitando sul suo camper la coppia di amici. L’unica eventualità era che, nel pieno della notte, Romeo sentisse dei leggeri tocchi sulla porta del suo camper. E infatti lottò contro il sonno fino a notte fonda. Infine l’inciucio lo fece con Morfeo.
La domenica mattina -si fa per dire, perché era quasi mezzodì- il tombeur de femmes si alzò dal letto e diede una sbirciatina da un finestrino del loculo e, smaltiti i fumi del Vinsanto, vide Ivana, carrozzata da utilitaria, alle prese con la griglia. E pensò che il detto in vino veritas son belle balle.
E siccome non voleva rischiare l’invito a un’altra grigliata, si vestì in fretta, uscì dal suo camperino e salutò tutti dicendo che sarebbe andato a fare una lunga passeggiata sulla riva del lago. Lunga abbastanza per tornare al campeggio verso sera e vedere la piazzuola dell’avvocatessa deserta.  Adieu cherie!.
Invece quando tornò, lei era ancora lì che finiva di smontare l’accampamento. Nel salutarsi, lei gli aveva detto che c’era in programma un viaggio per camperisti single, e nel caso che lui fosse interessato, se le lasciava il numero di telefono, lei lo avrebbe contattato. “Tu sei single?”.
La domanda dell’avvocatessa, arrivata a bruciapelo guardandolo fisso negli occhi, suonava come un interrogatorio. “Quasi” tentò di discolparsi lui, mentre le scriveva il suo numero del cellulare.

Il programma di viaggio sulle Alpi francesi, lei glielo aveva comunicato un mesetto dopo, quando lui, di Ivana, manco si ricordava più. Romeo pensò che quello non era il momento ideale per una vacanza; la sua compagna era convalescente per un intervento chirurgico, e anche se le cose tra di loro stavano andando a rotoli, non gli pareva decente mettersi in viaggio lasciandola sola con le sue pene.

Ma poi pensò che, con l’aria grama che tirava dentro casa, non era il caso di star lì a menarsela troppo, e all’avvocatessa rispose: “Fantastico!”. I giorni seguenti, Ivana gli telefonava spesso per aggiornarlo sul programma, ma poi la tirava per le lunghe entrando in argomenti personali.
E quei discorsi, a Romeo facevano l’effetto del Vinsanto
Bisognerebbe fargli un monumento all’inventore del camper, pensava Romeo, intanto che col suo camperino filava a centotrenta all’ora sull’autostrada Torino-Savona. Ma quanto correva quel ragnetto di Ivana! Faceva fatica a starle dietro… Che bisogno c’era di correre in quel modo per arrivare ad Albenga?
E lui era anche un po’ stanco; si era già fatto quattro giorni in giro con quei tre tipi, e chilometri ne aveva macinati tanti: su e giù per le Alpi della Savoia, poi il Delfinato, e adesso Albenga. La sua compagna non si era fatta viva; per fortuna c’erano amici e parenti che si occupavano di lei e lo aggiornavano sulla sua convalescenza; magari anche un po’ troppo spesso, giusto per fargli venire qualche rimorso, per farlo sentire un bastardo, che se ne andava a zonzo col camper invece di stare in casa a prendersi cura di lei, cercare di riappacificarsi, prepararle almeno un caffè…
Rientrando in Italia, il gruppo dei single aveva fatto sosta allo svincolo di Torino per bere un caffè e salutarsi, prima di prendere ognuno la propria strada verso casa. “ Io ho ancora un giorno libero, e conosco una bella e solitaria spiaggia ad Albenga; perché non chiudiamo in bellezza facendo l’ultima notte in un bel posto di mare?”.
La proposta di Ivana era arrivata come un fulmine a ciel sereno; quella furia scatenata ne aveva inventata un’altra delle sue. Già per tutto il viaggio avevano faticato a starle dietro. Ogni due per tre si inventava nuove varianti, andiamo su di lì, e poi giù di là… Non c’era verso di tenerla ferma neanche alla sera, Ivana. Non si faceva in tempo a parcheggiare i camper per la notte, che lei saltava fuori dalla sua cabina con mappe e guide turistiche, propinando programmi per la sera. C’era appena il tempo di sciacquarsi la faccia e via! Iniziava il turno serale.
In marcia verso il paese, tirandosi dietro il Faustone come un orso zoppo, dato che aveva un problema tipo piedi dolci e per lui le lunghe camminate erano un tormento. Al poveretto, che non vedeva l’ora di stivare la sua mole di un quintale per almeno un’oretta nella Jacuzzi, e poi posare le stanche membra  sul divanone davanti al televisore, gli toccava fare un frettoloso bagno e rivestirsi velocemente, per sorbirsi marce forzate verso chiese, musei e sagre folcloristiche. E prima di mezzanotte non riusciva a mettere il sederone sul megalettone. Ed era inutile fare storie, perché Ivana riusciva a convincere sempre tutti, da buona avvocatessa. Però questa volta, alla proposta della variante ad Albenga, Federico e Faustone avevano rifiutato.
Romeo non sapeva cosa dire; impegni non ne aveva, salvo tornare a casa a preparare quel caffè…
“Andiamo io e te?”.  La domanda di Ivana, concisa e diretta, guardandolo inflessibilmente dritto negli occhi, lo aveva fatto sentire come il colpevole che, sotto interrogatorio, confessa le sue colpe. E con quel “sì”, Romeo confessava la sua. Quella di voler vedere dove andava a parare quella piccola saputella, che quasi non lo aveva guardato per tutti quei giorni, e che forse adesso gli lanciava un sibillino messaggio. Magari un tête-à-tête su una romantica e solitaria spiaggia.
Dopo un’oretta di viaggio, fecero sosta per un caffè in un Autogrill all’altezza di Millesimo, e ci voleva proprio, perché a Romeo gli si chiudevano le palpebre per la stanchezza. L’avvocatessa fece una magistrale manovra di parcheggio e scese dal suo camper con un salto da acrobata. -Ma dove la prende tutta questa vitalità, la nanerottola?- si chiese lui. Ma prima del caffè, quello che gli risollevò le palpebre fu che Ivana si era trasformata.
Era corsa incontro a Romeo, che a causa dalla stanchezza non aveva ancora finito di parcheggiare, e come una passera in primavera: “Cip-cip, sono proprio contenta che siamo venuti noi due soli… cip-cip, vedrai che posto incantevole… cip-cip…”. -Cos’è successo all’avvocatessa dagli occhi di ghiaccio? Quale magia l’ha trasformata in una tenera passerotta? Forse l’avvicinarsi dell’incantevole spiaggia?- si chiese lui.
Ma non era il caso di disquisire sugli intricati comportamenti femminili; e se per tutti i precedenti giorni era stato snobbato, c’era quel detto: Chi disprezza, compra. Dopo il caffè si rimisero in viaggio, e arrivarono al tramontar del sole in una spiaggetta poco fuori della cittadina di Albenga.

E per una serata romantica, a quel posto non gli mancava niente. Il posteggio, isolato e con pochi camper, confinava con la scogliera. Una lucente luna rimpiazzava in cielo l’ultimo sole, che annegava all’orizzonte tingendo di rosso il mare. Il rumore della risacca che si smorzava negli anfratti degli scogli, creava la perfetta colonna sonora per quel film. In questa atmosfera, ce n’era d’avanzo per sciogliere il sangue nelle vene anche a un lupo mannaro!
Dopo aver parcheggiato i camper porta a porta, lui e Ivana se ne stettero seduti su uno scoglio per una mezz’oretta, con il sangue che si scioglieva nelle vene. E pareva proprio che l’avvocatessa si fosse sciolta del tutto, perché era bianca come la luna, e non le usciva più un filo di voce. Lei, che per quattro giorni aveva arringato senza tregua!
Ma dato che non si vive di soli tramonti, e siccome Ivana non aveva fatto cenno per una romantica cenetta a lume di candela nel suo camper, Romeo le propose di fare quattro passi verso il paese a cercare una trattoria per mettere qualcosa sotto i denti. Trovarono un inqualificabile locale che faceva pizze e kebab; uno di quei posti dove il linguaggio è del tipo: “hela, hala…”. Romeo non ebbe dubbi su quell’idioma, che poteva ricordare il dialetto bergamasco, ma non gli risultava che i bergamaschi cucinassero kebab…
Le pizze erano una indecenza, più o meno come i discorsi che aveva intavolato l’avvocatessa, che, riavutasi dal mozzafiato della spiaggia, aveva riacquistato tutte le sue facoltà oratorie. Per inizio, Ivana aveva accennato a un amorazzo che aveva avuto con un camperista in un recente viaggio. Un tipo talmente galante, che le riempiva il camper di tulipani gialli, i suoi fiori preferiti.
Perché lei, se uno voleva corteggiarla senza un bel mazzo di fiori, nisba!
A seguire, la bella notizia dell’arrivo, l’indomani, di un suo amico, un collega avvocato che odiava la vita di camper e quindi non viaggiava mai con lei. Ivana gli aveva telefonato e gli aveva detto che era sulla solitaria spiaggia con un compagno di viaggio, e lui le aveva annunciato che sarebbe arrivato il mattino dopo. Fu un miracolo se il boccone che stava deglutendo non lo soffocò.
-Hai capito che bello scherzetto? Ma cosa mi ha portato a fare sulla romantica spiaggia, se poi fa arrivare un altro fringuello? Però, prima di domattina, c’è questa notte…- rimuginò Romeo. Infine, Ivana tirò in ballo Federico, lo zombie che viaggiava col surf sul tetto. La notte precedente, nel Delfinato, lui era andato a bussarle alla porta del camper per farle una proposta indecente; e lei si era quasi offesa, ma non per il genere di richiesta, bensì per il modo da zombie con cui gliel’aveva fatta, senza un minimo corteggiamento, né un fiore, a lei, che senza un mazzo di fiori…
-Ma guarda te quel paraculo che sembrava con un piede nella fossa, cosa andava a fare in giro di notte!- pensò Romeo, cercando di deglutire la schifezza che stava masticando. E riflettendo amaramente sul fatto che un fiorista aperto, in quel posto e a quell’ora, non lo avrebbe trovato neppure facendo un voto a Santa Rosa, patrona dei fiorai.
Però certe volte basta il pensiero, e quando ritornarono alla spiaggetta, nel salutarla davanti alla porta del camper, lui era proprio lì lì per dirglielo che in quel preciso istante avrebbe voluto stringere tra le mani un enorme mazzo di fiori. Tulipani gialli ovviamente. Ma prima che lui iniziasse la dichiarazione, Ivana si era eclissata dentro il suo camper chiudendogli la porta in faccia.
Rimase solingo nel buio della notte a guardare il panorama. Il mare aveva perso la calda tinta del tramonto ed era diventato una cupa macchia scura, e la luna era velata da una lattiginosa foschia.

-Fine dell’avventura-
mormorò.

Poi andò a stendersi  nel camperino. Il mattino dopo, aveva sentito bussare alla sua porta. Era Ivana, che gli voleva presentare il suo amico -un tipo più o meno della sua età- basso, tarchiato e con la faccia da cinghiale. Dopo due reciproci grugniti di presentazione, Ivana propose a Romeo di andare a fare quattro passi con lei e il cinghiale per le stradine del paese. -Cornuto e mazziato!- rimuginò lui, che ringraziò e rispose che quella mattina non si sentiva niente bene. Lei gli disse che sarebbero tornati verso mezzogiorno, magari per un pranzetto a tre. Il tempo di vederli avviarsi a piedi verso Albenga, lasciare un biglietto di commiato sul parabrezza del camper dell’avvocatessa, e poi avviò il motore e abbandonò la romantica spiaggia.

Mentre imboccava l’autostrada, il cielo si era fatto di un plumbeo minaccioso, e lui aveva una forte emicrania e lo stomaco sottosopra. Colpa della pizza marocchina? Lui, che digeriva anche i sassi! Chissà, se invece di andare in quel posto infame, avesse invitato Ivana sul suo camperino… Due Simmenthal e una birretta… e un finale in bellezza col Vinsanto.

Si era messo a grandinare: chicchi grossi come noci, di quelli che fanno la gioia dei carrozzieri.  Ma che rogna! Tutte a lui! Forse una dolente gufava? Comunque, se non veniva giù il diluvio universale, al massimo in tre ore sarebbe arrivato a casa.

A preparare due bei caffè…

 

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