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Febbraio

Febbraio

di Massimo Chiavacci

Avvicinandosi alla piazza, prima aveva sentito le note di un brano di musica classica e poi aveva visto un ragazzo e una ragazza che danzavano. I loro corpi giocavano armoniosamente avvicinandosi e respingendosi, a volte il ragazzo sollevava la sua compagna facendola volteggiare in aria per poi riposarla lievemente a terra, a volte lei si lanciava in eleganti evoluzioni accompagnate dai disegni creati con una lunga striscia di plastica mentre il giovane, forse per riposarsi, assumeva la posizione di un manichino. Per terra un cartello invitava gli astanti, se avessero gradito la prestazione, a lasciare qualche spicciolo o qualche banconota.

L’arte dei due ragazzi non ambiva ad alcuna permanenza: essi non avevano niente altro da lasciare se non un’emozione evanescente come i loro gesti. L’arte del presente e del passato, invece, per aver valore, aveva spesso cercato di esprimere verità immutabili, eterne, di rispecchiare la perfezione di ciò che effettivamente è, inteso come ingenerato, imperituro, eterno, cioè fuori dal tempo, immutabile, immobile, unico, omogeneo, necessario e perfetto, perché se il non essere non esiste, non è pensabile e non è dicibile, allora tutto ciò che muta, che nasce, che cresce, che muore non ha vera realtà e può essere solo o un’illusione, o una copia imperfetta di ciò che veramente è, o una sua creazione, sempre imperfetta rispetto al creatore.
L’uomo pensò che oggi, in un tempo in cui le cose eterne e immutabili avevano fatto bancarotta come le verità che pretendevano di esprimerle, forse il modo più onesto di dire qualcosa era appunto un tentativo leggero, modesto, non invadente e ai limiti del silenzio come quello dei due ragazzi. Le note di Debussy riempivano l’aria solcata dai gesti della bella ragazza ed egli, ammirato, lasciò una banconota nella cassetta e si avviò verso casa.

Racconti & Ricordi*anzianiincasa_2019

 

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